Ansie e sorrisi nel riportare a casa gli Italiani
Non ci eravamo mai confrontati con una emergenza di queste proporzioni. Forse solo gli attacchi dell’11 settembre avevano provocato qualcosa di analogo, quando molti italiani vollero tornare dagli Stati Uniti e la chiusura immediata dello spazio aereo americano rese le cose difficili.
Adesso, in due settimane, abbiamo dovuto gestire migliaia di
rimpatri da tutto il mondo con ripercussioni psicologiche ma anche economiche per il personale di terra e di volo. E a bordo le scene comiche non mancano”.
A parlare con l’agenzia Dire e’ Daniele, assistente di volo di 42 anni, una lunga esperienza con diverse compagnie aeree. Da marzo il suo lavoro e’ radicalmente cambiato: l’epidemia di coronavirus ha spinto tanti Stati a chiudere le frontiere con l’Italia, il primo Paese europeo a essere travolto dal Covid-19.
Migliaia i connazionali rimasti bloccati all’estero, dopo che le compagnie hanno cancellato i voli. “Non solo le low-cost, ma anche colossi come Lufthansa o Air France hanno cancellato i voli degli italiani per prendere a bordo i propri connazionali” ricorda Daniele, secondo cui nell’emergenza si e’ innescato un meccanismo per cui “ogni singolo Paese si e’ attivato per riportare a casa i propri cittadini, spesso in collaborazione con i governi”.
Cosi’, le compagnie aeree italiane si sono mobilitate attivando voli speciali nei cinque continenti e anche quella di Daniele ha dovuto adeguarsi. Ma lavorare nell’emergenza non e’ semplice. E’ da meta’ marzo che i voli vengono stabiliti giorno per giorno e questo, denuncia l’assistente di volo, crea pressione psicologica sui dipendenti: “Siamo tra le categorie piu’ a rischio contagio e c’e’ chi vorrebbe restare a casa. Per ora, dato che i voli sono molto pochi, si parte su base volontaria, ma cosi’ guadagniamo meno perche’ parte del salario viene maturato con le ore di volo”.
Il personale deve poi effettuare andata e ritorno. “Non si puo’, come da contratto, riposare una notte in albergo e prendere il volo successivo” dice Daniele: “Non ce ne sono. E cosi’ alcuni colleghi hanno volato anche per 30 ore di seguito”.
A bordo, spesso, c’e’ nervosismo. “Le mascherine sono diventate obbligatorie solo da una settimana, prima non tutti le indossavano e questo creava proteste” dice lo steward. “Ora siamo in grado anche noi di darle a chi ne ha bisogno ma c’e’ sempre qualcuno che scatena le lamentele dei piu’ scrupolosi. Non vi dico quando distribuiamo i pasti: tutti devono togliere la mascherina, e’ inevitabile. Ma in voli di 8-13 ore non si puo’ non distribuire da mangiare”. Sul tema mancano ancora disposizioni comuni, sottolinea Daniele, sebbene “non sia cosa da poco che 200 persone, contemporaneamente, tolgano la mascherina”.
A strappare un sorriso, scene a cui Daniele assiste ormai quotidinamente: “Ci sono persone che, non essendo abituate alle
mascherine, le indossano in modi strambi e improbabili. Poi c’e’ chi tenta di chiacchierare col vicino a tutti i costi, sebbene il frastuono nell’abitacolo e la bocca coperta lo rendano molto complicato. Qualcun altro non resiste e tira giu’ il tessuto che avvolge naso e bocca, scatenando subito le vive proteste di altri”.
Sorridere aiuta a gestire la tensione, che cresce quando il senso di responsabilita’ e’ tanto. “Vorrei restare a casa come quei colleghi che, per paura o per motivi reali – penso a chi ha i genitori anziani in casa – preferisce non lavorare” dice Daniele. “Ma in alcuni di noi scatta il senso civico per il tipo di lavoro che svolgiamo”. Perche’ a decollare, in questi giorni, sono quei voli che riportano a casa i cittadini bloccati: “Non si tratta solo di turisti – evidenzia lo steward – ma anche di studenti, ricercatori o lavoratori che, vedendosi le lezioni o il lavoro sospeso per via dei ‘lockwdown’, non hanno piu’ motivo di restare e anzi, trovano impossibile farlo, non avendo piu’
risorse per mantenersi all’estero”.
L’emergenza-rientri sta terminando ma per gli operatori aerei non e’ necessariamente una buona notizia. “Ad aprile sappiamo gia’ che le ore di volo potrebbero essere pari a zero” dice Daniele. “Cio’ significa per molte famiglie avere in busta paga appena il necessario per pagare l’affitto o il mutuo”.