“Non c’erano ancora risposte sulla stabilità del viadotto né sulla sicurezza né sul progetto. Avevo visto il lavoro del Cesi e quelle prove erano corrette. C’era comunque un degrado che era stato accertato dagli anni ’90“.
E’ la sintesi di quanto riferito oggi in procura Fabio Brancaleoni, ingegnere della Edilgegneria, società che fece uno studio sul Ponte Morandi.
L’ingegnere è stato sentito come persona informata dei fatti dai magistrati che indagano sul crollo del viadotto autostradale sul Polcevera.
Brancaleoni ha aggiunto che nel 2015 fu contattato da Mario Bergamo (direttore alla sicurezza per Aspi e tra i 21 indagati) per fare lo studio.
A fine agosto scorso fu poi contattato da Aspi per fare parte di un gruppo di indagine interna, ma non accettò per evitare di intralciare le indagini: “Me lo chiese per primo l’ingegner Roberto Tomasi. Il crollo è stato uno choc per tutti. Ma noi non avevamo elementi per dire che il ponte andava chiuso. Dagli studi era emerso che lo stato di degrado della pila 10 era inferiore alla 11 e quello del 9 ancora inferiore”.