La musica del Coro di voci bianche e del Coro femminile del Carlo Felice, apprezzata protagonista sabato scorso al Teatro della Gioventù, tornerà a proporsi sabato prossimo al Teatro di via Cesarea.
Voci di angeli o voci di monelli quelle che, accompagnate dal pianoforte del maestro Tanasini, hanno incantato gli spettatori? Certamente voci angeliche, che più si adattano alla scelta dei brani proposti.
Il brano di apertura, Stella splendens, canto medioevale dedicato alla Madonna, è tratto da un manoscritto conservato presso il monastero di Montserrat in Catalogna: canti che accompagnavano i pellegrini lungo un iter che ancora oggi attrae, il Cammino di Santiago.
Segue l’Umanesimo dell’età dell’oro con il testo Se l’aura spira, che rievoca paesaggi bucolici e giovani ninfe divinità delle acque.
Scarborought fair, antica ballata medioevale scozzese, ci parla di erbe preziose e simboliche.
Ma il pezzo che induce di più alla riflessione è quello tratto dal film Les Choristes di Barratier del 2004, che descrive, mediante i ricordi di un ragazzo difficile, diventato poi direttore d’orchestra, come il far parte di un coro abbia educato ed evoluto ragazzi ospiti, nel 1949, di un collegio per bambini considerati piccoli delinquenti.
Nel corso degli anni oltre un centinaio di ragazze e ragazzi dagli otto ai diciassette anni hanno avuto l’opportunità, grazie al Coro voci bianche, di accrescere talenti e competenze musicali, suscitando l’interesse di pubblico e critica, in esibizioni di cui alcune trasmesse da RadioRai.
Grande maturità, splendide voci e competenza artistica è l’impronta lasciata dal Coro femminile, accompagnato al pianoforte da Patrizia Priarone: musica “intima e gentile, suadente e passionale”, secondo il maestro Alberti, che ha diretto ed introdotto verbalmente ogni brano con digressioni anche di interesse storico e con una partecipazione sincera che arriva direttamente all’anima dello spettatore.
Imperdibili e particolarmente suggestivi i brani di Antonio Lotti, sui quali le voci si muovono con diversa intensità ma sullo stesso tono, di Franz Schubert, di Felix Mendelssohn, il più classico dei romantici, di Johannes Brahms, rappresentante della cultura romantica tedesca, denso di pensieri fioriti verso le donne. Il conclusivo brano di Sergej Rachmaninov, canto alla patria, “abbandona gli accenti bellicosi”, annota Alberti “prediligendo il sentimento di sentirsi a casa, una dolcezza domestica che rende le donne autentiche e sublimi artefici della pace di Dio in terra”.
Piccola nota: gli spettatori hanno osservato che il Teatro avrebbe bisogno di un poco di manutenzione in più, ad esempio una mano di vernice nera alla base del palcoscenico, il completamento della numerazione sulle poltrone.
Elisa Prato