Il detenuto era in attesa di giudizio per maltrattamenti.
Tragedia questa notte nel carcere di Genova Marassi, dove un detenuto italiano, in attesa di giudizio per maltrattamenti ed entrato nell’istituto di pena solo poche ore prima, si è tolto la vita impiccandosi.
Gli agenti della Poilizia penitenziaria è subito intervenuto praticando le operazioni di massaggio cardiaco con il successivo trasferimento al San Martino ma, purtroppo, di li a poco è avvenuto il decesso.
Il carcere di Marassi segna purtroppo il secondo suicidio dall’inizio dell’anno.
“Un dramma del quale nessuno deve fare finta di nulla – ha dichiarato il segretario del Sappe Michele Lorenzo – Marassi è noto per il suo teatro, ma di drammi, di eventi critici, di condizioni di vita indecorosi nel quale solo la Polizia Penitenziaria è presente.
Non conosciamo le cause che hanno indotto all’insano gesto, ma di fatto esiste un disinteresse alle condizioni di vita della popolazione detenuta a Marassi che è discutibile sin dai dati numerici.
Dei 730 detenuti il 57% sono stranieri, che devono che devono convivere in spazi per 525 posti.
Un quadro penitenziario, quello di Marassi che si rappresenta con il 33% di detenuti tossicodipendenti, il che significa problemi di varia natura, dalle crisi di astinenza alla richiesta di appositi farmaci e assistenza medica e paramedica, di eventi critici ormai quotidiani che spaziano, con dati al primo semestre 2019, dai quasi 100 atti di autolesionismo, già un suicidio, 73 colluttazioni e 40 ferimenti, un decesso per cause naturali.
Quello che è come SAPPe Liguria denunciamo con fermezza, le continue aggressioni che subisce la Polizia Penitenziaria all’interno degli istituti della Liguria e a Marassi in modo particolare.
E a tutto questo tuona il silenzio dell’amministrazione penitenziaria che punta il dito verso il poliziotto di turno che, da solo, senza strumenti, senza aiuti deve barcamenarsi nel marasma di Marassi”.
Poco più di un anno fa, la direzione del carcere genovese si è resa parte attiva con l’assessore regionale alla sanità di un protocollo sul ‘rischio suicidario’ ma ancora nulla si sa, a distanza di quasi un anno dalla sua introduzione, sulle modalità attuative di tale protocollo. Ed allora le responsabilità di chi sono?”.