La Kfor, la Forza Nato in Kosovo, ha confermato le notizie su una sparatoria a Zubin Potok, uno dei quattro maggiori Comuni del Nord a maggioranza serba
Escalation militare molto pericolosa tra Serbia e Kosovo. Si spara sempre di piu’ tra fazioni le etniche serba e kosovara nel Nord del “Paese che non c’è”…almeno mai riconosciuto proprio da Belgrado che considera Pristina e dintorni ancora come proprio territorio dopo la guerra separatista del 1998-1999.
Il Capo di Stato Maggiore dell’esercito serbo, Milan Mojsilovic, ha proposto ieri al Presidente Alexandar Vucic (o Vucic lo ha “proposto” a Mojsilovic…) il dispiegamento di 1000 unità di truppe speciali d’assalto e corazzati al confine con il Kosovo, dove resta alta la tensione a causa dei blocchi stradali della minoranza serba, e dove si sono sentiti ieri, dunque, di nuovo degli spari.
Alexandar Vucic
Mojsilovic si è recato in serata a Raska, vicino al confine con il Kosovo, dopo aver incontrato in giornata Vucic in una tesa riunione nella “stanza dei bottoni” al Palazzo della Presidenza a Belgrado. “I compiti che sono stati affidati all’esercito serbo e a me come Capo di Stato Maggiore, sono precisi e chiari, e saranno adempiuti” – ha garantito Mojsilovic ai microfoni di RTV Pink, la principale rete televisiva privata in Serbia. “La situazione è complessa” – ha aggiunto. E dal termine diplomatico “situazione complessa” alle bocche da fuoco tonanti di moderne armi leggere e pesanti il passo sembra ormai breve, anzi brevissimo.
Dopo 9 anni di amministrazione controllata della Missione UNMIK in vigore dal 12 giugno 1999 (Accordi di Kumanovo, n.d.r.) poi dal 2007 consegnata alla Missione europea EULEX e con il controllo pacificatore della KFOR, la forza multinazionale Nato al momento con 3800 effettivi dispiegati sul territorio, cui partecipa anche l’Italia, attualmente con 600 militari stanziati a Villaggio Italia a Pec-Peje, West Kosovo, tutti 3800 ad oggi sotto il comando di turno del Generale italiano Ristuccia,
il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza (Vetevendesoje in albanese, n.d.r.) dalla Serbia nel 2008 ma Belgrado rifiuta di riconoscerla e incoraggia i 120mila serbi rimasti nell’area, soprattutto nella zona vasta intorno alla città di Kosovska Mitrovica sul fiume Ibar, a sfidare l’autorità di Pristina del Premier Albin Kurti, severo antiserbo.
Centinaia di serbi, indignati per l’arresto, forse pretestuoso, di un ex ufficiale di polizia di etnia serba avvenuto il 9 dicembre scorso, hanno istituito blocchi stradali il 10 dicembre nel Kosovo settentrionale a maggioranza serba, paralizzando il traffico attraverso due valichi di frontiera. Poco prima che Mojsilovic partisse per la zona di confine, diversi media serbi hanno diffuso un video condiviso sui social network in cui si possono sentire colpi di arma da fuoco.
La Kfor, la Forza Multinazionale Nato in Kosovo, ha confermato in serata le notizie di stampa su una sparatoria avvenuta a Zubin Potok, uno dei quattro maggiori Comuni del Nord a maggioranza serba, coinvolto nelle proteste della locale popolazione serba con barricate e blocchi stradali. Gli spari, ha riferito Kfor in un comunicato di cui hanno dato notizia i media regionali, sono avvenuti non lontano da una pattuglia della Forza Nato, e non si sono registrati feriti né danni materiali. Sono in corso indagini per far luce sull’episodio.
La notizia della sparatoria, la cui origine e natura restano poco chiare, ha contribuito a far crescere ulteriormente la tensione interetnica nel Nord del Kosovo, dove la protesta dei serbi con blocchi stradali e barricate sta creando seri problemi ai trasporti e al sistema di comunicazione.
Marcello Di Meglio