Molto spesso le classifiche sono fatte per destare scalpore e quella realizzata da Preply nel 2021 riesce effettivamente nel suo intento perché fotografa uno spaccato inesplorato del sistema Italia che sorprende per i dati finali. La realtà è il penultimo posto in classifica tra i 27 paesi dell’Unione Europea in tema di apprendimento di una nuova lingua in patria. In altri termini, l’indagine analizza se un paese possiede le strutture e l’attitudine a semplificare e favorire lo studio di un nuovo idioma attraverso la scuola pubblica o gli istituti privati.
Lo studio statistico è stato elaborato da Preply, la piattaforma digitale che si occupa di apprendimento online tramite il supporto di tutor privati mediante lezioni da remoto e chat online. Come ogni classifica, illustra i dati migliori e i peggiori dell’oggetto di indagine. In questo caso si tratta dei paesi più virtuosi che registrano performance migliori in termini di studio, apprendimento e perfezionamento di una nuova lingua in patria. L’Europa del centro nord guida la vetta mentre il Mediterraneo in genere e l’Italia arrancano in posizioni di classifica meno incoraggianti.
Il paese più virtuoso è il Lussemburgo, piccolo stato della Mitteleuropa esteso come la provincia di Piacenza e detentore di tre lingue ufficiali parlate entro i confini nazionali, ossia tedesco, lussemburghese e francese. L’influenza secolare degli imperi limitrofi aleggia ancora sulla debole identità di un paese che proprio in virtù delle dominazioni pregresse è naturalmente incline a studiare nuove lingue. Basti pensare che già a partire dalla scuola pubblica primaria, il 100% dei bambini inizia ad apprendere una seconda o una terza lingua con performance eccellenti. L’Europa del centro nord domina la scena e piazza al secondo posto della classifica la Svezia e la Danimarca, seguite dalla Finlandia, al quarto, e da Cipro. L’Italia staziona al 26° posto: dopo di lei solo la Bulgaria.
L’Italia è un paese che vanta invece 47 lingue non ufficiali parlate da nord a sud e un ventaglio di minoranze sparse su tutto il territorio. La diversità non influisce sul desiderio o sulla necessità degli italiani di apprendere o perfezionare una nuova lingua. Probabilmente il senso di appartenenza e di radicamento territoriale, la forte identità nazionale troppo spesso sminuita e il millenario patrimonio storico-culturale del paese fungono da deterrente e da elemento conservativo della lingua. In tema di luci e ombre c’è poi l’ottimo 95,3% di bambini che inizia a studiare un nuovo idioma dalla scuola primaria e il sito del Governo, consultabile invece solo in italiano.
L’indagine ha considerato 18 indicatori riuniti in sette aree oggetto di standardizzazione statistica: i sottotitoli, il doppiaggio oppure i voiceover di programmi TV e cinema, la diversità linguistica nazionale, l’utilizzo di piattaforme digitalidi apprendimento linguistico, le competenze nella lingua straniera più parlata entro i confini nazionali, il livello di apprendimento mediante scuola pubblica, il plurilinguismo e le lingue nazionali ufficiali.