La digitalizzazione delle imprese, è la crescita globale di oggi e domani. Italia è ferma al 19esimo posto, ma è davanti a Francia e Uk.
L’aumento repentino delle tecnologie digitali e della digitalizzazione da parte delle imprese per adattare i modelli di business esistenti al nuovo contesto economico globale è dovuto anche alla recente pandemia. La costrizione allo smart working degli operatori e la didattica a distanza per insegnanti e studenti hanno contribuito notevolmente nell’aumento della digitalizzazione.
Gli investimenti hanno avuto una forte accelerazione a livello mondiale. Leggiamo da uno studio della società di analisi Markets and Markets, dove si spiega: “il mercato raggiungerà quota 1.250 miliardi di dollari nel 2026 con un tasso di crescita composto annuo del 19% e una crescita complessiva che sfiora il 140%”. L’Italia è prima della Francia e Uk.
In Europa l’adozione delle tecnologie digitali da parte delle aziende è in ritardo rispetto agli Stati Uniti; secondo uno studio della European Investment Bank diffuso poche settimane fa la media europea si attesta al 65%, 6 punti percentuali in meno rispetto alle imprese americane che superano quota 71%. La situazione all’interno nel continente europeo rivela inoltre alcune peculiarità; se da una parte non sorprende che la rivoluzione digitale sia guidata dai paesi nordici come la Danimarca, Olanda e Finlandia formano il podio tutte sopra la quota dell’80%, dall’altra stupisce che le grandi potenze economiche stentino e fatichino a rinnovarsi.
L’Italia si attesta solo al 19° posto su 28 nazioni presenti nello studio con il 62,6% di tasso di digitalizzazione delle aziende. Il nostro Paese è al di sotto della media europea ma di poco avanti alla Francia (62,5%) e sopra il Regno Unito (61,3%). La Germania è solo al 15° posto, mentre Portogallo e Spagna sono nella top 10 rispettivamente in 8° e 9° posizione.
Benché l’Italia sia sopra la media europea su diversi parametri di questo studio, ci sono due fattori che penalizzano fortemente il nostro Paese; per quasi 2 aziende su 3 (63%) l’infrastruttura digitale permane un problema concreto e il tasso di digitalizzazione delle PMI rimane al di sotto della media europea di ben 15 punti percentuali.
Il 65% delle aziende ha aumentato fondi per la digitalizzazione.
Nonostante una situazione globale in continua evoluzione e non priva di problematiche, crisi dei microchip e difficoltà di approvvigionamento delle materie prime ad esempio; le imprese hanno investito in modo deciso sulle tecnologie digitali.
Leggendo un recente report di McKinsey intitolato “The new digital edge: Rethinking strategy for the postpandemic era” il 65% delle aziende ha dichiarato di aver aumentato i fondi dedicati alla digitalizzazione; mentre solo il 7% li ha diminuiti, e in alcuni casi le organizzazioni sono andate a ricercare il budget tagliando le risorse in altri comparti.
Cosa succederà nel mondo dell’industria, nel sociale e nel marketing dopo pandemia?
La digitalizzazione è diventata una priorità nonché un driver d’investimento necessario per rimanere sul mercato e differenziarsi dai competitor; il 64% delle aziende, crede che entro la fine del 2023 dovrà ripensare ad un nuovo modello di business digitale; per rimanere economicamente profittevole mentre, solo l’11% non cambierà il proprio modo di operare sul mercato. La tecnologia digitale sarà oggetto di numerosi investimenti che hanno l’obiettivo di creare una organizzazione imprenditoriale in grado di reagire proattivamente ai continui cambiamenti in atto nel mondo fintech e dei servizi di nuova generazione.
La pandemia ha causato, in modo repentino l’adozione di tecnologie digitali. Le imprese si sono organizzate per adattare i modelli di business esistenti al nuovo contesto economico globale. Non sorprende, quindi, che gli investimenti digitali abbiano avuto una forte accelerazione a livello mondiale. Uno studio della società di analisi Markets and Markets rivela che il mercato raggiungerà quota 1.250 miliardi di dollari nel 2026; con un tasso di crescita composto annuo del 19% e una crescita complessiva che sfiora il 140%. ABov