Non temiamo di essere sinceri con noi stessi, non per forza dobbiamo incappare nell’ angosciante premessa di Robert Frost: “quanta conoscenza di sé l’individuo è in grado di sopportare?”.
Così, argomentando in sincerità sulla fiducia reciproca, ne risulta una situazione più incresciosa che angosciosa: la fiducia è un sentimento estinto: nei confronti di noi stessi, del prossimo e, più che mai, del Governo.
In specie verso il Governo, poteva sembrare fiducia all’inizio del contagio Covid19, quando la comunità, impaurita dalle immagini mediatiche che passo passo documentavano il susseguirsi dei decessi, capiva l’emergenza e pretendeva misure da coprifuoco. La paura costituiva e misurava la delega di fiducia verso chi in quel momento tentava di re-agire in nome della salute pubblica.
Visti i risultati, oggi la delega è cessata, la fiducia popolare di allora era solo un dovere contingente. Se fosse stata davvero fiducia, l’odierna disposizione istituzionale giocoforza sempre meno restrittiva, susciterebbe oggi pari fiducia, pari udienza e obbedienza.
Invece no. Viste e piaciute le vecchie restrizioni, la mascherina ancora permane malgrado la distensione dall’obbligo.
Prima, nello sciame allarmato e confuso di disposizioni, il cittadino disciplinato non aveva esitato a trattarla come una necessaria protezione, vigilando persino sugli indisciplinati-irresponsabili. Oggi, dopo circa 2 anni di misure coercitive, di pareri pseudo-scientifici e di intrattenimenti mediatici faziosi (“senza fibra” scomodando un lemma di F. De Sanctis), il cittadino non è per nulla fiducioso di adempiere al dettame governativo che ne svincola parzialmente l’obbligo.
La fiducia popolare per il Governo si dimostra solo condizionata, come i riflessi dei cani di Pavlov.
Tale comportamento civico indica la poca fiducia per un Governo che rimuove obblighi invece che imporne di nuovi. Una fiducia concessa, a ribadire il concetto, quando si riporta e si paventa mediaticamente un rischio.
Nulla di strano in una Società medicalizzata & polifobica dove la fiducia è generosamente elargita, in nome della paura, a chi costantemente allarmizza l’esistenza quotidiana.
Un comportamento già narrato (1973) da Fabrizio De André nel verso “senza la mia paura mi fido poco”. Massimiliano Barbin Bertorelli