A un’avvocata 40enne incinta, il cui parto è previsto fra una ventina di giorni, i giudici hanno impedito di rinviare un’udienza presso il Tribunale di Venezia.
Si tratta della legale genovese Federica Tartara, che difende una coppia dall’accusa di appropriazione indebita.
La donna, che vive e lavora a Genova, ha così deciso di presentare un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura.
“Mi mancano tre settimane al parto – ha spiegato la professionista all’agenzia Adnkronos – ma continuo a lavorare e finora non ho avuto alcun problema. Certo è che una trasferta a Venezia, che da Genova non è proprio dietro l’angolo, è controindicata nelle mie condizioni, anche perché non vorrei ritrovarmi a partorire sul treno”.
La 40enne, già madre di un bambino, ha quindi ravvisato “una grave violazione”.
“Che si possa rinviare l’udienza – ha aggiunto l’avvocata Tartara – lo dice la stessa giurisprudenza: secondo l’art. 420 ter comma 5 bis del codice di procedura penale ‘è assolutamente incontestabile’ il diritto del difensore in stato di gravidanza di ottenere un rinvio dell’udienza per legittimo impedimento nei 2 mesi antecedenti il parto e nei tre mesi successivi.
Ma a me, il giudice, oltretutto donna anche più giovane di me, lo ha negato. Dopo, peraltro, avere presentato tempestivamente il certificato medico attestante lo stato di gravidanza e la data presunta del parto.
Inoltre, ricordo che il rinvio per legittimo impedimento del difensore sospende la prescrizione quindi non si sarebbe verificato alcun vulnus processuale”.
L’avvocata Tartara era stata contattata dall’accusata, insieme al marito, per un caso di appropriazione indebita il 4 novembre scorso perché rimasta sprovvista di difensore a pochi giorni dall’ultima udienza del processo fissata per il 12 novembre.
La legale genovese ha quindi immediatamente depositato la nomina e contestualmente l’istanza di rinvio secondo le norme previste.
Al processo l’avvocata ha poi inviato un domiciliatario in loco per il dibattimento. Nella stessa udienza la giudice ha comunque deciso di rigettare la richiesta di rinvio e, come sottolineato dall’avvocata Tartara, ha “sostenuto che vi fossero già stati troppo rinvii e che un legale che sa di non potersi assumere un incarico non deve assumerlo”.
Al termine dell’udienza gli imputati sono stati condannati a due anni di reclusione e a un versamento di una provvisionale di 15mila euro in favore della parte civile.
“Se avessi ottenuto il rinvio avrei avuto anche più tempo per potere studiare gli atti – ha rilevato la legale genovese – e quindi, di fatto, i miei assistiti sono stati privati di un’adeguata assistenza difensiva minando così i diritti fondamentali della difesa.
Ma il punto non è questo, lascia basiti la decisione da parte di un magistrato che impedisce ad una professionista incinta ciò che è legittimo per legge.
Un giudice dovrebbe attenersi alla Costituzione. Invece, qui siamo di fronte a un atto discriminatorio non soltanto nei confronti delle donne, ma anche delle libere professioniste”.
L’avvocata Tartara ha pertanto deciso di presentare un esposto al Csm contro la giudice del Tribunale di Venezia “onde scongiurare che altri possano subire tali ingiustizie”.
E non è escluso che possa esserci un intervento anche da parte dell’Ordine degli avvocati di Genova e della Camera Penale Veneziana.
Intanto, la professionista genovese ha incassato una prima dichiarazione di solidarietà dalle Camere penali del diritto europeo e internazionale.
“Esprimiamo piena solidarietà alla collega Federica Tartara, direttrice dell’Alta Scuola Estradizioni di Cpi, e profonda preoccupazione per la deriva del sistema giudiziario italiano, in cui alcuni magistrati sembrano assumere un ruolo interpretativo eccessivo, mettendo a rischio l’equilibrio costituzionale. Questo fenomeno, aggravato da un Parlamento indebolito e privo di una legge elettorale adeguata, richiede un urgente ripristino della separazione dei poteri e una riforma dell’immunità parlamentare, per evitare ingerenze indebite. Inoltre, condanniamo ogni attacco al diritto delle donne di conciliare la professione forense con il loro ruolo di madri e lavoratrici” ha riferito all’agenzia Adnkronos l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale.