“Chi si ferma è perduto; bisogna riciclarsi, non chiudere la vita prima del tempo”.
E’ un inno a non rassegnarsi mai al destino, anche quando non è stato molto benevolo, quello che esterna Giuseppe Pugliese, presidente di Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, sezione territoriale di Genova, ed anch’egli privo di vista dalla nascita.
Una situazione che non gli ha impedito di contrarre un matrimonio che cura da 52 anni, avere due figli, aver lavorato per anni come centralista, con l’ultimo impiego presso il porto di Genova, forte di grande memoria sugli oltre 4mila numeri cui doveva passare le chiamate.
E’ al vertice dell’associazione che conta 486 soci, con analoga cecità oppure ipovedenti. E comunque, spiega il presidente, si tratta di persone con vista inferiore ai 3 decimi, ipovedenti, e fino ad uno zero totale che significa cecità.
Parla con il cuore ma anche con grande competenza della materia, muovendosi agilmente e rapidamente tra le mura della sede di via Caffaro, in centro Genova.
E coinvolge il cronista che rende attento alla materia, complessa socialmente, umanamente e da un punto di vista fisico.
Il suo telefono è parlante, ci dialoga, gli manda messaggi vocali e spiega come presso la sede dell’associazione ci siano corsi per poter usare questo strumento di comunicazione.
Ma Pugliese diventa persino un simbolo di capacità quando spiega di essere uno scacchista convinto, competitore spesso vincente di tornei internazionali.
“Le caselle nere sono rialzate di due millimetri per essere riconosciute al tatto – informa – e gli scacchi hanno un chiodino in testa. Poi le partite, le mosse, le scrivo sul registratore. La cecità non è emarginazione”.
L’associazione, precisa, “offre assistenza psicologica e pratica agli associati, li segue, li accompagna; non è facile perdere la vista a 40-50 anni. E’ un percorso terribile. Io, in un certo senso, sono avvantaggiato, essendo cieco da sempre. Vedo un po’ di luce la nulla di più”.
Basta restare poco tempo presso la sede per rendersi conto di questa realtà della vita che non si conosce nella sua esatta realtà o che forse non si vuole conoscere, mentre è invece notizia più di molte altre notizie.
Uffici attivi, dove ci si rivolge per fare le pratiche: “qui – insiste Pugliese – chi perde la vista ha delle possibilità. Facciamo corsi di formazione, introduzione al lavoro perché la legge impone che si assumano ciechi nel contesto lavorativo, soprattutto come telefonisti”. Ma ci sono anche momenti come una lettura di libri con conseguente riflessioni e commenti per socializzare e fare cultura.
“Le istituzioni – spiega – ci danno retta, ma per ottenere qualcosa dobbiamo insistere nella richiesta”. E con il problema, se non principale quasi, di avere risorse economiche.
L’associazione si regge sulle quote associative che non bastano certo a mantenerla efficiente e che lo scorso anno ha chiuso con il bilancio in rosso.
E che al momento usufruisce ancora di un generoso lascito di una signora che era stata assistita dall’Unione e ha voluto ricordare tanta vicinanza attraverso il suo testamento.
“L’abbiamo trattata come tutti gli altri, senza minimamente immaginare che ci avrebbe lasciato qualcosa”, assicura Giuseppe Pugliese.
Che conta e si affida alla generosità della gente attraverso il 5 per mille. “Per non molto utile, essenziale”, sottolinea, invitando a consultare la Carta dei Servizi della sezione genovese, dove si possono trovare i riferimenti e l’elenco della molte attività. Magari da approfondire facendoci visita.
Esperienza dopo la quale si è imparato qualcosa in più della vita. Dino Frambati