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La malattia rara ha consumato Michele

La malattia rara ha consumato Michele
Un laboratorio medico (immagine di repertorio)

La storia di amore ed impegno sociale di Paola e Franco, genitori adottivi

Michele è stato un icona nazionale delle malattie rare, quelle per le quali c’è poco interesse di ricerca in quanto eventuali farmaci sarebbero molto costosi, di non facile realizzazione e destinati a pochissimi sfortunati che da queste malattie vengono colpiti.

La vicenda di Michele è esemplare, drammatica è stata narrata in vari libri, spiegata in articoli di stampa e tivù da chi lo ha adottato: Franco Cargiolli e Paola Mazzuchi, marito e moglie genitori di altri tre figli Chiara, Stefano e Marco.

Lui è morto pochi giorni fa, concludendo una vita che deve far riflettere tutti, come deve essere oggetto di riflessione il grande impegno di chi lo ha adottato, sapendo che era malato e lo portato per mano fino ad oggi, quando non c’è più.

La sorte con lui è stata maligna: abbandonato dai genitori biologici, è stato adottato da una famiglia che lo ha a sua volta abbandonato, spaventata forse dalla sua situazione clinica pesantissima.

Ad accoglierlo con tutto l’amore possibile nella loro casa di Genova, nella delegazione di Sampierdarena, storica ex Manchester del capoluogo ligure, sono stati Franco e Paola, pur pienamente consapevoli che l’allora bimbetto soffrisse della rara e terribile sindrome di Lesh-Nyhan; nome che deriva dagli scienziati che scoprirono il grave male.

Hanno cresciuto Michele ma hanno anche avuto forza e determinazione nel palesare al mondo cosa sono le malattie rare sempre chiedendo a gran voce attenzione da chi di dovere. Invocando di non girarsi dall’altra parte su una piccola fetta di vita reale anche se difficile.

Un impegno enorme, disinteressato, mai calato neppure quando le risposte non arrivavano o tardavano ad arrivare.

Riconosciuto tuttavia all’altissimo livello del Quirinale dall’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che li insignì dell’onorificenza di Cavalieri della Repubblica. Dino Frambati