Questa mattina nella sala del Consiglio regionale, in via Fieschi 15, a Genova, si è svolta la Seduta solenne per la Festa della Liberazione.
La seduta, a cui hanno partecipato autorità civili, militari e religiose, è stata preceduta da un breve ricordo di Giancarlo Mori, l’ex presidente della giunta e consigliere fra il 1990 e il 2000, tracciato dal presidente dell’Assemblea legislativa Alessandro Piana: “Fervente cattolico, nelle file della Democrazia cristiana dedicò alla politica gli anni della piena maturità. Nella difficile fase della crisi dei partiti tradizionali – ha aggiunto – Mori rimase un saldo punto di riferimento nel percorso di trasformazione della politica. Molti tra queste mura ne ricordano il carattere riservato unito ad una fermezza e ad un rigore che rivelavano tutta la saldezza dei suoi principi. Anche dai banchi dell’opposizione continuò a dare il proprio fattivo contributo partecipando ai lavori per la realizzazione dell’attuale Statuto Regionale”.
Subito dopo è iniziata la Seduta solenne: il presidente del Consiglio regionale ha salutato l’Assemblea, è seguita l’orazione ufficiale di Giacomo Ronzitti, presidente dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea.
La seduta è stata aperta dal saluto del presidente dell’Assemblea legislativa: “L’adesione a questa cerimonia corale testimonia il rinnovarsi del comune sentimento di grata riconoscenza verso quanti hanno operato quella difficilissima scelta che ha inserito in un orizzonte di libertà e democrazia il nostro quotidiano. Agli intellettuali, agli uomini politici, ai giovanissimi, ai lavoratori delle fabbriche occupate dalle forze germaniche, ai tanti esponenti del clero esempio di una carità coraggiosa, ai militari che optarono per il popolo a scapito del regime, alle donne combattenti, dobbiamo la nostra riconoscenza». Il presidente ha aggiunto: «Venti mesi di lotta combattuta in ogni angolo di Liguria ci hanno lasciato un patrimonio immenso fatto di coraggio più ancora che di strategia, di episodi di valore e di ardimento, di miriadi di scontri, di azioni di sabotaggio, di vere e proprie battaglie. Ogni cascina delle nostre montagne, ogni casolare, ogni gola ha una storia da raccontare. Ogni storia – ha concluso – meriterebbe di essere ascoltata”.
“Tenere aperta la riflessione culturale e storica su quegli eventi – ha detto Giacomo Ronzitit – deve apparire un’esigenza imprescindibile per continuare a nutrire il senso di comunità e l’identità della nazionale perché quei valori rappresentano i pilastri vitali del nostro sistema democratico”.
Ronzitti ha ripercorso le tappe principali e i fatti più significativi della lotta di Liberazione a partire dall’armistizio dell’8 settembre 1943, “che rappresenta lo spartiacque fra una certa idea di Patria che moriva, fondata sull’esaltazione della forza, sul mito della potenza coloniale e della razza italica, e una nuova idea di Patria che in quella immane catastrofe, iniziava a farsi luce nella coscienza collettiva”.
Il presidente dell’Istituto ha ricordato, infatti, che esattamente il giorno dopo nasceva il Comitato di Liberazione nazionale. “Una pluralità di motivazioni e soggetti – ha aggiunto – hanno dato impulso al grande moto del riscatto nazionale fra cui dobbiamo annoverare la pagina scritta dai militari italiani, a lungo ingiustamente confinati in una sorta di oblio” e ha ricordato, a questo proposito, i 650 mila militari internati nei lager nazisti.
“Accanto a questa pagina, a lungo negletta, la più recente storiografia ha messo in evidenza quella, altrettanto trascurata, delle donne”.
“Il loro numero – ha specificato – si stima molto superiore alle 35 mila partigiane riconosciute alla fine del conflitto, un numero – ha spiegato – che anche in Liguria andrebbe ben oltre le 2.028 censite”.
Ronzitti ha sottolineato la caratteristica di questo impegno nella Liberazione: “Fu una guerra senz’armi, una resistenza civile che diede vita ad una fitta rete solidaristica”.
“La Liguria – ha sottolineato – è stata una delle aree in cui il movimento resistenziale si espresse con più forza e combattività certamente per le tradizioni repubblicane e antifasciste e, particolarmente, per la presenza di una classe operaia fortemente sindacalizzata”.
Ronzitti ha ribadito: “Questa lotta dei lavoratori si saldò rapidamente con la resistenza armata di città e di montagna”. Secondo il presidente dell’Istituto, infine, “la lotta di Liberazione fu al tempo stesso una guerra patriottica, una guerra civile e una guerra di classe” dove si posero le basi per la nascita della futura Italia democratica e repubblicana.