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La sinistra attacca Balleari: gestione aula indecorosa, piegato a diktat Bucci

Presidente del consiglio regionale Stefano Balleari (FdI)

Ecco il testo integrale della missiva che tutti i capigruppo di minoranza in consiglio regionale hanno inviato oggi al presidente dell’Assemblea legislativa della Liguria Stefano Balleari (FdI).

“Oggetto: lettera al Presidente del Consiglio Regionale – Assemblea legislativa della Liguria

Con la presente siamo a rappresentare, a nome di tutti i consiglieri regionali di minoranza, il nostro sconcerto rispetto alle ultime vicende legate alla conduzione dell’aula da parte del Presidente del Consiglio Regionale, Stefano Balleari.

Il termine sconcerto è quello più appropriato rispetto ad una conduzione che non si può più derubricare ad episodica, ma che rappresenta la cifra di questi primi mesi della nuova consiliatura. Mesi in cui l’autonomia del Consiglio Regionale rispetto alla Giunta si è affievolita in maniera talmente evidente da perdere anche i contorni minimi del decoro istituzionale e del rispetto dello Statuto e del Regolamento.

Per lo Statuto, il Consiglio Regionale – Assemblea Legislativa, rappresenta “la comunità regionale” e ha una funzione costituzionalmente centrale di organo legislativo e di controllo dell’attività dell’esecutivo.

Il Presidente del Consiglio, secondo l’articolo 20 dello Statuto, rappresenta l’Assemblea, la convoca e ne conduce i lavori. Garantisce le prerogative e i diritti dei Consiglieri, assicurando il rispetto dei diritti delle minoranze.

Per il regolamento – articolo 6 – il Presidente dell’assembla ha il compito di assicurare “il buon andamento dei suoi lavori” e di garantire il metodo della programmazione.

Da diversi mesi assistiamo ad un atteggiamento del Presidente del Consiglio che asseconda il “bullismo istituzionale” del Presidente della Giunta Regionale, il quale nelle singole sedute si permette di intimare al Presidente non solo di chi deve parlare, ma chi deve essere richiamato, come si devono organizzare i lavori, quando devono essere aperti e addirittura quando i lavori stessi devono essere chiusi, in violazioni delle più elementari regole dell’aula. In ogni occasione dubbia, al comando del Presidente della Giunta, è arrivata la pronta ed ubbidiente adesione del Presidente del Consiglio.

Un Presidente del Consiglio che deve rispondere – lo ricordiamo – non alla Giunta – ma al Consiglio stesso. Il Consiglio ha anche una funzione di controllo dell’operato della Giunta, mentre invece qui ci troviamo di fronte ad un presidente in balia delle indicazioni della Giunta. Una vicenda sconcertante.

L’ultimo esempio, nella seduta di martedì 22 aprile u.s. La seduta si è protratta oltre l’orario di chiusura, previsto per le 14. Per decidere dell’eventuale prosecuzione oltre i termini di convocazione per norma è chiamato a discuterne lo stesso organo che ha definito la programmazione, cioè l’UPI.

Per prassi, il tema della eventuale prosecuzione viene posto esplicitamente in discussione in aula qualora si sia nella fase finale di un provvedimento (dichiarazioni di voto finali del provvedimento) e solo qualora si veda che esista una palese e completa adesione alla prosecuzione si ritiene “assorbito” il passaggio in UPI.

Una prassi non consolidata, perché negli anni si sono rinviati provvedimenti alla seduta successiva non solo quando si era ancora in fase di voto ma anche qualora ci si trovava in sede di dichiarazione di voto finale.

Nella scorsa seduta invece il Presidente del Consiglio ha disposto – senza neppure un confronto con l’ufficio di Presidenza – la continuazione oltre l’ora di convocazione, violando nei fatti il regolamento e nei fatti facendo votare un testo di legge oltre l’orario della seduta, nei fatti senza una copertura organizzativa/amministrativa.

Inoltre è stato negato – in forma anch’essa contraria al Regolamento – il “richiamo all’ordine dei lavori”, di cui all’articolo 59 del Regolamento interno. L’ordine dei lavori, per regola e per prassi, ha precedenza rispetto alla discussione principale, anche prima del voto su un provvedimento (perché, per propria natura potrebbe riguardare il voto stesso).

In quella seduta non è stato possibile porre il tema della convocazione dell’UPI, perché il Presidente, autonomamente, ha imposto il voto sul provvedimento e la chiusura della seduta stessa.

La seduta è valida se è proseguita oltre i termini senza aver rispettato le procedure che ne dispongono l’apertura e la chiusura dei lavori? Si ha così scarsa attenzione, per rispondere ad esigenze politiche della maggioranza, alle più elementari regoli di formazioni degli atti legislativi, con il rischio di ombre, dubbi su come si svolgono le procedure?

E infine quale valori hanno le regole di un’assemblea legislativa, se ogni volta vengono interpretate e distorte, per assecondare le richieste di chi urla più forte?

A chi si deve rivolgere la minoranza, per terzietà e imparzialità, se il Presidente del Consiglio è diventato un esecutore dei diktat del Presidente della Regione, in spregio allo Statuto?

Se le regole non esistono, e valgono solo come un canovaccio a seconda delle convenienze o come una clava nei confronti della minoranza per silenziarne le ragioni, viene meno qualsiasi forma

di confronto possibile tra maggioranza e opposizione in uno spazio democratico quale dovrebbe essere il Consiglio Regionale, perché chi è chiamato a garantirle in realtà non è arbitro, ma giocatore.

Noi contrasteremo in ogni forma questo tentativo di piegare il Consiglio Regionale alle urla del capo, usando tutti gli strumenti che lo Statuto e la Costituzione ci consente per riaffermare lo spazio di discussione che è il cuore di ogni democrazia. Le istituzioni sopravvivono ai capi protempore, e vanno preservate da chi cerca di svilirle”.