Dave Grohl “In difesa dei nostri insegnanti”
Durante il periodo del lockdown Dave Grohl, leader dei Foo Fighters, ha creato l’account Instagram @davestruestories dove poter raccontare le sue ‘True Stories’, che ora diventano anche un podcast sul canale YouTube ufficiale della band.
Il primo audio ad essere pubblicato è “In Defense of Our Teachers” ascoltabile qui:
Partendo da ricordi d’infanzia e dall’esempio della madre che era un insegnante, Dave Grohl sottolinea come l’insegnamento a distanza provochi molte complicazioni, in particolare per la classe operaia e i genitori single, e evidenzia quanto sia preoccupante il fatto che manchi ancora una pianificazione per i prossimi mesi, a causa dell’indecisione e degli scontri della classe dirigente.
Di seguito la traduzione, in allegato il testo in inglese.
In difesa dei nostri insegnanti
Quando si discute della preoccupante questione sulla riapertura delle scuole, agli insegnanti americani serve un piano, non una trappola.
DAVE GROHL. 21 luglio 2020
“Odio ammetterlo, ma ero un terribile studente. Ogni giorno aspettavo disperatamente il suono della campanella finale per poter scappare via dalla mia classe senza finestre e correre a casa dalla mia chitarra. Intendiamoci, non era colpa del sistema della scuola pubblica della contea di Fairfax che ha fatto il meglio che poteva. Io ero solo ostinatamente disinteressato, bloccato da un disturbo dell’attenzione e da un insaziabile desiderio di musica. Lontano dall’essere uno studente modello ho provato a mantenere la concentrazione, ma alla fine ho lasciato a metà della terza media la scuola per inseguire i miei sogni di musicista itinerante (non lo consiglierei). Mi sono lasciato alle spalle innumerevoli opportunità. Ancora oggi sono perseguitato da un sogno ricorrente, sono di nuovo in quei corridoi nel tentativo di diplomarmi, a 51 anni, e mi sveglio in un lago di sudore. Puoi togliere un ragazzo dalla scuola, ma non puoi togliere la scuola ad un ragazzo. Quindi, essendo io uno scarto delle superiori, pensavate che l’attuale dibattito sulla riapertura delle scuole non sarebbe stato intercettato dal mio radar rock’n’roll, giusto? Sbagliato!
Mia madre era un’insegnante in una scuola pubblica. Era anche una madre single di due bambini, e ha instancabilmente dedicato tutta la sua vita al servizio degli altri, sia a casa che al lavoro. Dall’alzarsi prima dell’alba, per assicurarsi che io e mia sorella fossimo puliti, vestiti e nutriti in tempo per prendere all’autobus al correggere i compiti a notte fonda, molto tempo dopo aver fatto raffreddare la sua cena, aveva raramente un momento per sé stessa. Tutto questo, mentre faceva più lavori contemporaneamente per poter integrare il suo misero stipendio di 35.000 dollari all’anno. Bloomingdale’s, Servpro, le preparazioni per SAT e GED – una volta si è anche messa a fare allenamenti di calcio per 400$, per poter finanziare il nostro primo viaggio di famiglia a New York City, dove siamo stati al St. Regis Hotel e abbiamo ordinato da bere al famoso King Cole Bar, così da far scorpacciata gratis anche di antipasti che altrimenti non ci saremmo mai potuti permettere. Com’era prevedibile, la sua devozione nell’essere una madre si rispecchiava anche nel suo modo di fare l’insegnante. Non si è mai limita a indicare una lavagna e a recitare la lezione per farla imparare a memoria ai bambini, ma era invece era un educatore capace di coinvolgere, dedito al benessere di ciascuno degli studenti che stavano nella sua classe. E con una media di 32 studenti per classe, non era una cosa da poco. Era uno di quegli insegnanti che diventava un mentore per tanti, e i suoi studenti si ricordavano di lei anche molto tempo dopo essersi diplomati, incrociandola spesso al supermercato e iniziando a recitare a memoria il Giulio Cesare di Shakespeare, come in una sorta di flash mob nel reparto frutta e verdura. Non saprei dirvi quanti dei suoi ex studenti ho incontrato nel corso degli anni che arrivavano con tutta una serie di aneddoti di quando erano nella sua classe. Ogni ragazzo dovrebbe essere così fortunato nell’avere quell’insegnante preferito, quello che cambia per sempre la tua vita in meglio. Mia madre ha aiutato intere generazioni di bambini ad imparare come fare ad apprendere e, come la maggior parte degli insegnanti, era genuinamente interessata agli altri. Nonostante io non sia mai stato un suo studente, lei sarà per sempre la mia insegnante preferita.
Serve una certa indole per dedicare la propria vita a questo difficile e spesso ingrato lavoro. Lo so bene, perché sono cresciuto nella loro comunità, gli ho tagliato l’erba, pitturato gli appartamenti, anche fatto da baby sitter ai loro bambini, e sono convinto che loro sono tanto importanti quanto qualsiasi altro lavoratore essenziale. Alcuni addirittura crescono delle rock star! Tom Morello dei Rage Against the Machine, Adam Levine, Josh Groban e Haim sono tutti figli di operatori scolastici (con risultati accademici più gratificanti dei miei). Nel corso degli anni, ho iniziato a notare che gli insegnanti hanno un legame speciale, perché non ci sono molte persone che comprendono realmente le loro grandi sfide – sfide che vanno ben oltre l’uso di carta e penna. Oggi, per qualcuno queste sfide possono determinare la vita o la morte.
Quando arriva la domanda preoccupante – e, ancora di più, politicizzata – della riapertura delle scuole nel bel mezzo della pandemia da Coronavirus, la preoccupazione per il benessere dei nostri bambini è importantissima. E tuttavia gli insegnanti hanno anche tutta un’altra serie di domande che la maggior parte delle persone non considerano. “C’è molto di più da affrontare che il semplice rimandarli a casa una volta finite le lezioni,” mi racconta mia madre al telefono. Ha 82 anni, adesso, ed è in pensione, e mi stila un elenco di preoccupazioni basate sui suoi 35 anni di esperienza: “le mascherine e il distanziamento, il controllo della temperatura, l’affollamento sugli autobus, l’affollamento nei corridoi, gli sport, i sistemi di areazioni, le sale mensa, i bagni pubblici, i collaboratori scolastici”. La maggior parte delle scuole è già in difficoltà per la mancanza di fondi; come possono affrontare la montagna di misure di sicurezza di cui hanno bisogno? E anche se la media dell’età dei maestri negli Stati Uniti non è neppure 40 anni, inserendoli quindi in un gruppo a basso rischio, molti insegnanti di ruolo, segretari, lavoratori nella mensa, infermieri e operatori scolastici sono più anziani e hanno un rischio più alto. Ogni lavoratore in una struttura scolastica rappresenta una percentuale della sua popolazione e dovrebbe essere salvaguardata in maniera adeguata. Posso solo immaginare se mia madre fosse costretta a ritornare adesso in una classe piena di gente e senza finestre. Cosa impareremmo da quella lezione? Quando ho chiesto a mia madre cosa farebbe lei, ha risposto, “Didattica a distanza per un po’”.
L’insegnamento a distanza provoca molte complicazioni, in particolare per la classe operaia e i genitori single che devono gestire logisticamente il lavoro e i figli a casa. La difficoltà nel reperire materiali scolastici, avere una buona connessione, risolvere problemi tecnici e non poter socializzare rendono la lezione tutt’altro che ideale. Ma, cosa più importante, quando sei davanti ad un computer con un tutore di fianco e hai l’insegnante dall’altra parte che cerca di fare del suo meglio per educare i bambini distratti che preferiscono i giochi sullo schermo alla matematica, diventa perfettamente chiaro che non basta avere un computer e una lavagna interattiva per essere in grado di fare l’insegnante. Quella capacità particolare è il vero X Factor. Lo so perché ho tre figli e le loro lezioni a distanza assomigliavano più a “I ragazzi del sabato sera” anziché all’ “Attimo fuggente”. Come dico ai mie figli “Non vuoi davvero l’aiuto di papa, a meno che tu non voglia una F!”. L’insegnamento a distanza si spera sia una soluzione temporanea, ma per quanto l’orchestra senza direttore di Donald Trump vorrebbe prevedere la riapertura delle scuole in nome di una visione rosea (chiedete ad un insegnante di scienze cosa pensa della portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany e del suo commento “la scienza non deve mettersi in mezzo”) sarebbe stupido correre rischi a spese dei nostri figli, insegnanti e della scuola.
Ogni insegnante ha una “pianificazione”. Non se ne meritano una anche loro? Mia madre doveva pianificare tre diverse lezioni ogni singolo giorno (parlare in pubblico, Inglese Avanzato e Inglese 10), perché questo è quello che fanno gli insegnanti: ti danno gli strumenti necessari per sopravvivere. Chi si preoccupa di darli anche a loro, questi strumenti? Gli insegnanti americani sono messi in trappola, creata dall’indecisione e dagli scontri di una classe dirigente fallita, che non è mai stata al loro posto e quindi non ha nessun modo di comprendere le sfide che devono affrontare. Non mi fiderei del segretario americano delle percussioni che mi viene a dire come suonare “Smells Like Teen Spirit”, se non si è mai seduto dietro a una batteria, e quindi perché un insegnante dovrebbe fidarsi del Segretario dell’Educazione Betsy DeVos che dice loro come insegnare, senza che lei si sia mai seduta davanti a una classe? (Magari dovrebbe cambiare e fare la batterista). Fino a quando non hai speso un’infinità di giorni in una classe, dedicando il tuo tempo e la tua energia nel diventare quel mentore di intere generazioni di studenti che sarebbero stati altrimenti completamente disinteressati, devi ascoltare quelli che hanno fatto tutto questo. Gli insegnanti vogliono insegnare, non morire, e noi dovremmo supportarli e proteggerli, come il tesoro nazionale che sono. Senza di loro, dove saremmo?
Mostriamo a questi instancabili altruisti un po’ di altruismo in cambio. Io lo farei per il mio insegnante preferito. E tu?”
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“In Defense of Our Teachers
When it comes to the daunting question of reopening schools, America’s educators deserve a plan, not a trap.
I hate to break it to you, but I was a terrible student.
Each day, I desperately waited for the final bell to ring so that I could be released from the confines of my stuffy, windowless classroom and run home to my guitar. It was no fault of the Fairfax County Public Schools system, mind you; it did the best it could. I was just stubbornly disengaged, impeded by a raging case of ADD and an insatiable desire to play music. Far from being a model student, I tried my best to maintain focus, but eventually left school halfway through 11th grade to follow my dreams of becoming a professional touring musician (not advised). I left behind countless missed opportunities. To this day, I’m haunted by a recurring dream that I’m back in those crowded hallways, now struggling to graduate as a 51-year-old man, and anxiously wake in a pool of my own sweat. You can take the boy out of school, but you can’t take school out of the boy! So, with me being a high-school dropout, you would imagine that the current debate surrounding the reopening of schools wouldn’t register so much as a blip on my rock-and-roll radar, right? Wrong.
My mother was a public-school teacher.
As a single mother of two, she tirelessly devoted her life to the service of others, both at home and at work. From rising before dawn to ensure that my sister and I were bathed, dressed, and fed in time to catch the bus to grading papers well into the night, long after her dinner had gone cold, she rarely had a moment to herself. All this while working multiple jobs to supplement her meager $35,000 annual salary. Bloomingdale’s, Servpro, SAT prep, GED prep—she even once coached soccer for a $400 stipend, funding our first family trip to New York City, where we stayed at the St. Regis Hotel and ordered drinks at its famous King Cole Bar so that we could fill up on the free hors d’oeuvres we otherwise could not afford. Unsurprisingly, her devoted parenting mirrored her technique as a teacher. Never one to just point at a blackboard and recite lessons for kids to mindlessly memorize, she was an engaging educator, invested in the well-being of each and every student who sat in her class. And at an average of 32 students a class, that was no small feat. She was one of those teachers who became a mentor to many, and her students remembered her long after they had graduated, often bumping into her at the grocery store and erupting into a full recitation of Shakespeare’s Julius Caesar, like a flash mob in the produce aisle. I can’t tell you how many of her former students I’ve met over the years who offer anecdotes from my mother’s classroom. Every kid should be so lucky to have that favourite teacher, the one who changes your life for the better. She helped generations of children learn how to learn, and, like most other teachers, exhibited a selfless concern for others. Though I was never her student, she will forever be my favourite teacher.
It takes a certain kind of person to devote their life to this difficult and often-thankless job. I know because I was raised in a community of them. I have mowed their lawns, painted their apartments, even babysat their children, and I’m convinced that they are as essential as any other essential workers. Some even raise rock stars! Tom Morello of Rage Against the Machine, Adam Levine, Josh Groban, and Haim are all children of school workers (with hopefully more academically rewarding results than mine). Over the years, I have come to notice that teachers share a special bond, because there aren’t too many people who truly understand their unique challenges—challenges that go far beyond just pen and paper. Today, those challenges could mean life or death for some.
When it comes to the daunting—and ever more politicized—question of reopening schools amid the coronavirus pandemic, the worry for our children’s well-being is paramount. Yet teachers are also confronted with a whole new set of dilemmas that most people would not consider. “There’s so much more to be addressed than just opening the doors and sending them back home,” my mother tells me over the phone. Now 82 and retired, she runs down a list of concerns based on her 35 years of experience: “masks and distancing, temperature checks, crowded busing, crowded hallways, sports, air-conditioning systems, lunchrooms, public restrooms, janitorial staff.” Most schools already struggle from a lack of resources; how could they possibly afford the mountain of safety measures that will need to be in place? And although the average age of a schoolteacher in the United States is in the early 40s, putting them in a lower-risk group, many career teachers, administrators, cafeteria workers, nurses, and janitors are older and at higher risk. Every school’s working faculty is a considerable percentage of its population, and should be safeguarded appropriately. I can only imagine if my mother were now forced to return to a stuffy, windowless classroom. What would we learn from that lesson? When I ask what she would do, my mother replies, “Remote learning for the time being.”
Remote learning comes with more than a few of its own complications, especially for working-class and single parents who are dealing with the logistical problem of balancing jobs with children at home. Uneven availability of teaching materials and online access, technical snafus, and a lack of socialization all make for a less-than-ideal learning experience. But most important, remote setups overseen by caretakers, with a teacher on the other end doing their best to educate distracted kids who prefer screens used for games, not math, make it perfectly clear that not everyone with a laptop and a dry-erase board is cut out to be a teacher. That specialized skill is the X factor. I know this because I have three children of my own, and my remote classroom was more Welcome Back, Kotter than Dead Poets Society. Like I tell my children, “You don’t really want daddy helping, unless you want to get an F!” Remote learning is an inconvenient and hopefully temporary solution. But as much as Donald Trump’s conductor-less orchestra would love to see the country prematurely open schools in the name of rosy optics (ask a science teacher what they think about White House Press Secretary Kayleigh McEnany’s comment that “science should not stand in the way”), it would be foolish to do so at the expense of our children, teachers, and schools.
Every teacher has a “plan.” Don’t they deserve one too? My mother had to come up with three separate lesson plans every single day (public speaking, AP English, and English 10), because that’s what teachers do: They provide you with the necessary tools to survive. Who is providing them with a set of their own? America’s teachers are caught in a trap, set by indecisive and conflicting sectors of failed leadership that have never been in their position and can’t possibly relate to the unique challenges they face. I wouldn’t trust the U.S. secretary of percussion to tell me how to play “Smells Like Teen Spirit” if they had never sat behind a drum set, so why should any teacher trust Secretary of Education Betsy DeVos to tell them how to teach, without her ever having sat at the head of a class? (Maybe she should switch to the drums.) Until you have spent countless days in a classroom devoting your time and energy to becoming that lifelong mentor to generations of otherwise disengaged students, you must listen to those who have. Teachers want to teach, not die, and we should support and protect them like the national treasures that they are. For without them, where would we be?
May we show these tireless altruists a little altruism in return. I would for my favorite teacher. Wouldn’t you?”