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Le cause della guerra in Ucraina e le prospettive di pace

Le cause della guerra in Ucraina e le prospettive di pace
Paolo Becchi e Mattia Crucioli

Il filmato su “Maidan, la strada per la guerra” analizzato dal Prof. Paolo Becchi

Qualcuno ha cercato sino all’ultimo di bloccare la proiezione del filmato su “Maidan, la strada per la guerra”, come del resto è avvenuto altrove, ma a Genova non c’è riuscito. “Dobbiamo già essere contenti per questo risultato e ringraziare Mattia Crucioli che è riuscito a far proiettare il documentario nella meravigliosa Sala di Rappresentanza del Comune, affollata di pubblico. E l’iniziativa ha visto il coinvolgimento di altri Comuni presenti all’ evento”.

Il giornale locale presenta l’incontro come “un convegno tra filorussi”. Se “filorusso” significa non accettare la narrazione dominante e farsi delle domande sulle origini della guerra in Ucraina, allora sì, quell’ etichetta ci può anche stare, ma è probabile che quella narrazione diventi sempre più traballante, lo sta già diventando, e allora sarà sempre più difficile cavarsela dicendo: sono” filorussi”, la cosa migliore sarebbe non farli parlare. Qui di seguito la trascrizione del mio intervento. 

Il documentario è prodotto da Russia Today, un canale in Italia vietato. Basta questo per farne un’opera della propaganda russa? Senza neppure averlo visto, direi proprio di no, e vorrei ora spiegare perché, analizzando i punti salienti del filmato che abbiamo visto e che sono i seguenti: i fatti di Maidan e le conseguenze immediate, la secessione della Crimea, la strage di Odessa e la guerra civile nel Donbass a partire dal 2014. Ho rivisto per la terza volta il filmato e ci possono essere immagini un po’ retoriche, strappalacrime, d’altro canto la natura degli eventi mostrati è violenta, ma non ho trovato niente di sbagliato nella ricostruzione dei fatti. Anzi ad un certo punto c’ è persino un’ammissione significativa: “nessuno saprà mai la verità”. Lasciatemelo pur dire, non si esprime così chi vuol fare propaganda.    

Vorrei sollevare qualche domanda sulla base di quel documentario che abbiamo visto insieme, domande a cui i suoi detrattori dovrebbero rispondere (dopo peraltro averlo visto).   

Maidan. È vero o falso che alla fine il Presidente della Repubblica, che aveva vinto democraticamente le elezioni, è stato costretto a fuggire per salvare la pelle? Non ha forse soffiato sul fuoco della protesta (inizialmente spontanea) l’amministrazione americana, come il filmato in modo incontestabile documenta? Per i canoni della nostra tanto decantata democrazia liberale si tratta di un normale processo democratico quando un presidente è costretto a fuggire dal suo paese o non si tratta piuttosto di un colpo di Stato? Maidan è l’evento chiave a partire dal quale si spiega tutto il resto.

Crimea, anzitutto va detto che russi in Crimea costituiscono la maggioranza della popolazione. Ed è evidente che non potevano accettare quello che stava succedendo a Kiev. E così con un referendum molto partecipato e con larga maggioranza, scelgono di tornare a far parte della Russia. Un ritorno, perché la Crimea era stata ceduta da Krusciov nel1954 all’Ucraina. Questi dati sono difficilmente contestabili, ma anche qui sia consentita una domanda: il diritto all’autodeterminazione che valeva per l’Ucraina dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica non dovrebbe valere anche per la Crimea?  Il fatto è che oggi la Crimea fa parte della Federazione Russa e che la secessione non è costata neppure una vittima.

Odessa, mese di marzo di quello stesso tragico anno: manifestanti filorussi vengono aggrediti da squadristi sostenitori del Maidan. Tutto avviene sotto lo sguardo passivo della polizia, quaranta persone vengono assalite e giustiziate, alcune bruciano vive nel palazzo dei sindacati della città.  Vogliamo negare che questo sia effettivamente avvenuto?

Vogliamo anche negare che dal 2014 fino al febbraio del 2022 nel Donbass abbiamo assistito ad una guerra civile, nella quale gli abitanti di quel territorio- in larga parte russofoni- sono stati trattati alla stregua di terroristi che andavano eliminati?

L’ “operazione militare speciale” era dunque inevitabile, sembra – senza pur dirlo apertamente – concludere il film, ma come poteva andare diversamente? Non è stata quella della Russia un’aggressione, ma una legittima difesa, che è stata trasformata in una guerra dagli angloamericani, quando poteva finire rapidamente. Proprio come era avvenuto in Crimea, senza spargimento di sangue. 

Domandiamoci ancora: il nostro Presidente Repubblica aveva ragione nel 2017, quando invitava il Presidente della Federazione russa a fare tutto il possibile per riportare la pace nel Donbass, o quando recentemente ha paragonato la Germania nazista alla Russia attuale? Sono solo domande. Ma sono domande che andrebbero poste a chi ancora oggi si ostina a sostenere una narrazione falsa fin dall’inizio, ma che dopo le recenti ammissioni di Trump fa acqua da tutte le parti. 

Mentre Trump riprende a dialogare con Putin in vista di una pace duratura in Ucraina, i nostri leader europei continuano a parlare di guerra e di nuove sanzioni e di nuovi invii di armi e chissà, magari anche di uomini. Perché ormai in Ucraina scarseggiano, appunto non solo le armi ma chi le deve utilizzare.  I governi europei vorrebbero essere inclusi nelle trattative di pace, ma al contempo si battono per la continuazione della guerra. 

Perché questa ostinazione, quando ormai è cambiato tutto?  Non c’è guerra senza una pace successiva e questa pace in Ucraina può rappresentare un passaggio importante nella storia del mondo. Un passaggio che solo i leader europei si ostinano a non voler capire. È finito il mondo unipolare, guidato dagli Stati Uniti. E sta nascendo, anche per volontà degli stessi Stati Uniti, un nuovo mondo multipolare in cui le grandi potenze decidono il loro spazio di influenza. Il nazionalismo di Trump si incontra (non scontra!) con quello di Putin. Potrà piacere o no, ma questo è il mondo che si sta delineando. I leader europei credono ancora nell’ Alleanza Atlantica, ma a Trump oggi interessa maggiormente allearsi con i russi per scongiurare il pericolo cinese. 

La comunità europea aveva intenti di pace, l’Unione vuole ora invece trovare il nuovo collante nella guerra? Se fosse così sarebbe meglio uscirne e riprendersi le chiavi di casa. L’Europa potrà rinascere solo sull’orlo di una tomba. La tomba di un’Unione di guerrafondai incapace di comprendere il cambiamento epocale in atto. Prof. Paolo Becchi