Era l’Angelo di Kobane, per molti una leggenda, per altri forse uno strumento di propaganda, chissà… In una foto condivisa sui social migliaia di volte, appare bella, con lo sguardo fiero, dentro la sua tuta mimetica, mentre fa il segno di vittoria diventando il simbolo della resistenza al femminile delle combattenti curde alla minaccia dell’Isis e viene presentata come colei che ha ucciso centinaia di jihadisti.
Siamo nel 2014, per il giornalista svedese Carl Drott, ai tempi unico reporter presente nell’enclave curda che ha scambiato qualche parola con lei, non si tratta di una combattente impegnata al fronte, ma di volontaria della guardia curda. La ragazza, studentessa di legge ad Aleppo, si sarebbe unita alle milizie curde dopo che suo padre è stato ucciso da Isis.
Ma più tardi sempre sui social inizia a circolare in rete la notizia che una donna curda è stata decapitata da Isis. L’immagine della sua testa in mano a un jihadista viene postata di fianco all’altra in cui Rehane , questo il suo nome (chissà se vero), sorride fiera all’obiettivo. In molti ipotizzano che la combattente morta sia lei.
La storia di questa ragazza è quella dell’autore inglese Henry Naylor, il cui monologo intitolato proprio “L’ANGELO DI KOBANE” ha debuttato mercoledì 20 giugno (ore 20.30) in Prima Nazionale alla Piccola Corte.
Ad interpretare Rehana un’attrice d’eccezione, Anna Della Rosa, che sin dal primo momento regala al pubblico grande emozione. In un quadrato di plastica bianco attaccato con lo scotch sul pavimento del palco circolare sono appoggiate poche cose, un tronco d’albero mozzo, una scure ed una tanica di sangue. Dentro questo “ring” la ragazza racconta la storia di una bambina che sognava di diventare un avvocato come Perry Mason e si è ritrovata con un fucile in mano costretta ad uccidere prima il suo cane e poi una lunga fila di uomini. Il monologo è un crescendo di situazioni orride che ci fanno pensare alla bruttura della guerra e a quanto l’odio può portare, senza che tu neanche te ne accorga.
Anna Della Rosa tiene la scena per un’ora emezza senza mai fermarsi, usando non solo la parola ma anche il suo corpo per trascinare il pubblico nell’aberrante e insulso senso del male. Un male gratuito che genera a catena sempre più male, sempre più sangue sempre più morte. Lo fa con tutta la passione che ci vuole per descrivere l’orrore e la paura, lo fa perchè entrata con abilità nel personaggio della ragazza che, volente o nolente, ora appartiene alle «Leonesse della Difesa Nazionale».
Il pubblico è inevitabilemnte con lei, la sostiene perdonando che abbia abbandonato i libri di giurisprudenza ed il sogno di Perry Mason a favore del Kalashnikov
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Nazionale di Genova, ha la regia di Simone Toni. La creazione visiva è di Christian Zurita, la consulenza musicale di Andrea Nicolini. La versione italiana è di Carlo Sciaccaluga.Sarà alla Piccola Corte fino a sabato 30 giugno.
Francesca Camponero