Ma è proprio così? Oppure c’è qualcuno che ha dei dubbi? Se si perché?
Riceviamo e pubblichiamo una lettera alla redazione di Gianmario Bolognini del Comitato Porto Aperto dal titolo “Genova città meravigliosa”.
“Mi sono spesso posto la domanda se Genova è veramente una città “Meravigliosa” come sembrano voler fare credere certe scritte pubblicitarie, oppure se c’è, qua’ e là, qualche problema irrisolto, anche in questa meraviglia di città e, se si, chi è, e perché, c’è qualcuno che ha dei dubbi.
Ora sul fatto che Genova sia una bellissima città, nessuno ha dei dubbi, neanche sulla sua storia prestigiosa, sulle sue tradizioni, sull’operosità della sua gente, oltre che sulla sua magnifica posizione geografica, a ridosso del mare e protetta dai monti, così come su tantissime altre cose, però, sul fatto che non tutto vada nel modo giusto, sono in molti a pensarlo.
Non a caso in città ci sono numerosi comitati cittadini che manifestano la loro avversità contro non poche scelte significative che vengono fatte da chi li amministra, perché le ritengono sbagliate, e/o comunque suscettibili di arrecare possibili danni alla città, oltre che non condivise da una parte significativa della popolazione.
Per quanto mi riguarda io appartengo ad uno di questi comitati cittadini, in particolare a un comitato che concentra la sua attenzione soprattutto sull’inquinamento ambientale originato da attività industriali giudicate, in tutto il mondo civile, fortemente impattanti sulla salute umana.
Mi riferisco in particolare alle attività di riparazione navale giudicate potenzialmente pericolose se esercitate a ridosso di quartieri urbani densamente popolati, come avviene nella zona di levante del Porto di Genova e in altri quartieri urbani con caratteristiche assimilabili.
In proposito occorre premettere che il grave problema di inquinamento ambientale che c’è a Genova si è manifestato, rispetto al passato, in tempi relativamente recenti, in particolare, a seguito dell’adozione, di nuove tecnologie nel campo della cantieristica navale, ovvero con il passaggio, dapprima dall’uso degli scafi in legno a quelli in ferro, ma chiodati.
Entrambe le soluzioni erano sufficientemente compatibili con l’ambiente in cui operavano. Successivamente, in tempi più recenti, si è però passati all’uso della saldatura elettrica, della fiamma ossidrica, per il taglio delle lamiere, oltre che all’uso della sabbiatura e di moderni sistemi di pitturazione, particolarmente pericolosi per la salute
L’Epa a proposito delle attività di riparazione navale ha condotto degli studi, molto importanti e significativi, su un campione di 10 cantieri navali Usa.
I risultati evidenziano al di fuori di ogni dubbio la pericolosità per la salute umana di queste lavorazioni soprattutto se effettuate a ridosso di quartieri urbani densamente abitati.
Non regge la possibile obiezione che qualcuno potrebbe fare in merito al fatto che la ricerca suddetta è stata fatta prendendo in esame 10 cantieri americani di riparazione navale e che da noi la situazione sarebbe diversa.
Questo alla luce del fatto che i materiali che si usano in tutto il mondo per gli scafi delle navi sono gli stessi, i processi di saldatura e taglio delle lamiere sono identici.
Idem per le altre attività, quali sabbiatura, pitturazione degli scafi e quant’altro.
Questo è talmente vero che in tutto il mondo ormai le attività di riparazione navale vengono esercitate solo a debita distanza dai centri abitati e non come a Genova a ridosso di nuclei urbani densamente popolati e da altre importantissime infrastrutture urbane, quali ospedali, scuole, centri ludici e fieristici, e altro.
A tal proposito, in occasione del dibattito pubblico tenutosi recentemente a Genova, in merito alla realizzazione della nuova diga foranea del porto, un comitato cittadino, che si interessa di inquinamento ambientale, aveva presentato tre documenti significativi, poi confluiti in quello che è stato definito “Quaderno degli Attori” e, in uno di questi, veniva affrontato in modo specifico l’argomento della distanza dei cantieri navali europei di riparazione navale dai centri abitati e si evidenziava che su 21 cantieri, ben 20 erano rispettosi delle regole comunitarie ed uno no. Infatti è solo a Genova che si hanno abitazioni a poche decine/centinaia di metri dai luoghi dove vengono eseguite lavorazioni giudicate potenzialmente pericolose per la salute.
In proposito, per farsene un’idea, basta confrontare gli inquinanti prodotti da tali lavorazioni, con le malattie a cui, secondo la letteratura scientifica, danno origine.
In ultimo è stata riscontrata anche la presenza, nel corpo idrico-marino Genova Bisagno, di una pericolosissima sostanza inquinante quale è lo stagno tributile che, con l’evaporazione dell’acqua, anche se in piccolissime percentuali, ne viene veicolata e va a depositarsi all’intorno ed è foriera di potenziali pericolosissime malattie.
A Malta ne è stata riscontrata la presenza anche su poggioli e tetti delle case.
In conclusione sarebbe ora che, a parte alcune lodevoli eccezioni, molti smettano di non vedere, non sentire, non parlare. Ne va della salute di tutti noi. Per cui è arrivata l’ora di preoccuparsi della salute e degli interessi di molti e non solo di quello di pochi.
Oltretutto con la realizzazione della nuova diga foranea sembra che si vada incontro ad una espansione esponenziale di certe attività giudicate potenzialmente pericolose per la salute.
C’è chi parla addirittura di un milione di mq. in più da sottrarre al mare, con inevitabile incremento dell’inquinamento ambientale.
In altre parole anziché attivarsi per cercare di risanare la situazione in atto, si pensa di incrementarla. Gianmario Bolognini – Comitato Porto Aperto“