I giudici argenti ieri hanno ordinato la scarcerazione dell’ex brigatista rosso Leonardo Bertulazzi, che nel 1977 partecipò al sequestro dell’ingegnere navale genovese Pietro Costa, accogliendo un ricorso della difesa e riconoscendo che la revoca dello status di rifugiato, decretata dal governo di centrodestra di Javier Milei, non era effettiva al momento dell’arresto dell’ex terrorista rosso avvenuto lo scorso 29 agosto.
I magistrati hanno tenuto conto inoltre del fatto che al momento dell’arresto Bertulazzi “viveva insieme alla moglie da oltre 20 anni nello stesso domicilio del quale è proprietario”.
Lo scorso agosto, dopo l’arresto e 44 anni di latitanza, il Ministero della Sicurezza Nazionale aveva rilasciato un comunicato: “Bertulazzi è responsabile di crimini che hanno attentato ai valori democratici e alla vita di molteplici vittime. È stato localizzato e detenuto dopo che il suo status di rifugiato è stato revocato dalle autorità del Governo nazionale”.
L’ex Br si trova in Argentina in base a una risoluzione sui rifugiati concessa dalla Commissione Nazionale per i Rifugiati (Conare) nel 2004.
Latitante dal 1980, Bertulazzi apparteneva alla colonna genovese delle Brigate rosse. Nel 2002 le indagini condotte dalla Polizia italiana e dall’Interpol ne avevano già permesso l’arresto.
Quegli otto mesi trascorsi in carcere avevano evitato la prescrizione della pena di 27 anni di reclusione per i reati di sequestro di persona, associazione sovversiva, banda armata e altri reati.
Con il nome di battaglia di “Stefano”, l’ex terrorista rosso partecipò a Genova al sequestro dell’ingegnere navale Piero Costa nel gennaio del 1977.
Con i 50 milioni di lire ricavati da quel sequestro di persona, secondo gli inquirenti fu poi sovvenzionato l’acquisto dell’appartamento di via Montalcini 8 a Roma, dove venne tenuto prigioniero e quindi ucciso l’ex presidente del Consiglio Aldo Moro (Dc).