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Lo psico-thriller L’uomo più crudele del mondo al Teatro Ivo Chiesa

Lo psico-thriller L’uomo più crudele del mondo al Teatro Ivo Chiesa
L'uomo piu crudele del mondo (foto Flavia Tartaglia)

Ottime interpretazioni di Lino Guanciale e Francesco Montanari

Musica dei Pink Floyd. La scena si apre su una vetrata in diagonale, prospettica verso il fondo, dove la luce delle lampade è fioca e l’atmosfera è gelida. In questo (o)scuro scantinato o capannone industriale lo spazio di un ufficio è scandito da “quattro pareti nere, una scrivania, tre libri”.

Nella penombra, il protagonista attende qualcuno per un incontro: è Paolo Veres, il proprietario della più importante azienda di armi in Europa, dunque “l’uomo più crudele del mondo”, come lo definisce il titolo del testo del talentuoso Davide Sacco – nell’occasione, anche regista –, tratto dalla sua trilogia di atti unici, La ballata degli uomini bestia (Bologna, Napoli, Palermo, Caracò Editore, 2023).

Vestito di nero e con una camicia bianca, l’uomo accoglie un giovane giornalista di una testata locale, che si presenta in jeans e maglioncino e con i ferri del mestiere: un taccuino per prendere appunti e un registratore. L’imprenditore, interpretato da Lino Guanciale, desidera raccontare la sua storia e per farlo ha richiesto, come dichiara, questo specifico giornalista, interpretato da Francesco Montanari.

L’uomo più crudele del mondo (foto Linda Kaiser)

Sin da subito apprendiamo che del primo si sa poco, perché è persona riservata e dedita al suo lavoro, mentre il secondo ci appare anonimo e ligio al suo compito. Il rapporto che si instaura tra i due uomini, seduti al di là e al di qua della scrivania, sembra prendere, però, una strana piega, perché i ruoli si rovesciano ed è l’intervistato a porre domande all’intervistatore.

In un’atmosfera sempre più destabilizzante ogni parola diventa un indizio, una traccia spazio-temporale da seguire nello snodarsi della narrazione, nell’incalzare dei dialoghi, nello sviluppo della trama da thriller psicologico.

Le battute serrate e pressanti lasciano emergere le personalità a confronto, che si stagliano in scena come due unità contrapposte: si aggrediscono e si sottraggono, si inseguono e si evitano, senza esclusione di colpi. Niente è come sembra, ma ci sarà una soluzione – o un finale –, perché l’imprenditore delle armi, come dichiara, “non lascia niente in sospeso, mai”.

L’uomo più crudele del mondo (foto Linda Kaiser)

Che cosa si prova a essere un assassino? Sulla base dell’assunto che “la crudeltà è un atto di profonda condivisione”, persecutore e perseguitato, vittima e carnefice hanno qualcosa in comune. La riflessione sulla violenza e sulla libertà di essere “feccia” prende campo, e i due uomini, questa sera, sono come “due astronauti che indagano l’animo umano”.

Così al pubblico non vengono trasmesse certezze, ma regalata l’occasione di dubitare di tutto: parole e azioni ribaltano di continuo la percezione che ne possiamo trarre. Qual è il limite che separa “una brava persona” da “una bestia”? L’alcol scioglie i freni inibitori e ci si avvicina alla verità, che alla fine “ribalterà ogni prospettiva”, come sottolinea l’autore.

La messa in scena di quest’opera è mirabile per realismo nel suo linguaggio crudo ed essenziale; la narrazione afferra lo spettatore dal primo all’ultimo minuto di un’ora intensa in cui lo tiene in sospeso, mentre sullo sfondo si avverte il rumore cupo della fabbrica sempre attiva. La prova attoriale di entrambi i protagonisti è estremamente convincente: disinvolto, spavaldo e provocatore l’ottimo Lino Guanciale, trasformista, timido e poi brutale Francesco Montanari.

Allo spettacolo – al Teatro Ivo Chiesa di Genova dal 4 al 6 febbraio 2025 –, prodotto da Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, LVF, Teatro Manini di Narni, non mancano neppure un pizzico di ironia, pur nelle tinte noir che lo caratterizzano, e movimenti da macchina cinematografica. In definitiva, l’attualità della pièce sta anche nella fenomenologia dell’esercizio del potere, che in maniera così attuale afferra i personaggi, strappa loro l’anima (la coscienza?) e quasi con tecnica maieutica la vomita in scena. Sta a chi guarda non soccombere alla violenza, che qui è potenza di espressione teatrale di alto livello. Linda Kaiser

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