Dalle carte dell’inchiesta che nei giorni scorsi ha portato all’arresto dell’imprenditore Gabriele Silvano, genovese, il boss siciliano Salvatore Mario Lo Piccolo e altre quattro persone, emergerebbe anche un presunto omicidio di mafia.
Secondo gli inquirenti, è lo stesso Silvano che sembrerebbe ammetterlo mentre parla in auto con un amico.
L’imprenditore genovese, secondo l’accusa, ammetterebbe di avere fatto parte del “gruppo di fuoco” del clan mafioso Fiandaca-Emmanuello di Gela legato allo storico boss di Caltanissetta “Piddu” Madonia.
“Gaetano era in gamba – emerge dalle carte in cui Silvano avrebbe spiegato a un amico – infarti, dov’è cominciata tutta la lite che è successa con i Fiandaca… sai qual è? Tano, Rocco Riccobene, Paolo Vitello dici… erano diciamo… fai il termine “il braccio armato”… no… facevano tutti i ‘servizi’… poi a un certo punto Lorenzo, si mette a giocare al Toto nero a Casella… spendendosi il nome dei Fiandaca…”.
E così, avrebbe continuato Silvano, “l’hanno saputo… c’hanno incaricato di ammazzare… e si sono vendicati… gli han fatto guerra loro da li è nata la lite… per il Toto nero volevano che l’ammazzassi”.
Da queste parole gli investigatori della Dia potrebbe riprenderere in mano vecchi omicidi insoluti avvenuti negli anni Novanta a Genova.
In quegli anni c’era stato anche l’omicidio di Gaetano Gardini, freddato mentre mangiava al ristorante “La Buca di San Matteo” nel Centro storico.
Un omicidio riconducibile alla gestione del toto-nero. Per quel delitto furono processati e condannati alcuni esponenti del clan mafioso Fiandaca-Emmanuello, ma alcuni ergastoli furono poi annullati dalla Corte di Cassazione.