“Il Festival di Kustendorf è un’autentica forma d’arte”. Queste sono le parole pronunciate con entusiasmo dal Ministro della Cultura e dell’Informazione della Repubblica serba, Vladan Vukosavljevic, ieri sera presente alla cerimonia d’apertura della 12°edizione del Festival di Kustendorf. Ricordiamo che il Festival è in parte finanziato dal Ministero della Cultura e che è ogni anno presenziato da rilevanti cariche istituzionali che lo considerano, a buon diritto, un momento di crescita culturale del paese.
La cerimonia si apre con la gradevolissima perfomance a carattere circense di alcuni artisti moldavi che ci proietta subito in un clima denso d’energia.
A seguire la proiezione di due cortometraggi di due registi d’eccezione, realizzati ancora ai tempi della loro formazione accademica che il pubblico ha mostrato di gradire particolarmente. Si tratta di “Two Men and a Wardrobe” di Roman Polanski, nel quale egli stesso recita un piccolo ruolo, del 1958, esempio di raffinata sapienza registica. L’altro è “L’Ufficio” del compianto Krysztos Kieslowski, girato nel 1966, nel quale il regista polacco già esprime la propria compartecipazione all’umana quotidiana difficoltà del vivere. Da visionare entrambi.
Nel corso della cerimonia Emir Kusturica presenta ed insignisce d’un riconoscimento un attore davvero speciale, amatissimo nell’ex Yugoslavia, ma certamente conosciuto anche in Italia per i molti films di Emir cui prende parte, arricchendo il mondo immaginario dello spettatore: Slavko Stimac.
Nato a Gospic nel 1960, inizia sin da bambino la sua carriera d’attore, esordendo nel 1972 nel film “The Lone Wolf” del filmmaker yugoslavo Obrad Gluscevic, la cui proiezione è in programmazione al festival, che è una sorta di favola bucolica che sottolinea il prezioso legame tra l’uomo-bambino ed il cane, quale fedele amico.
Slavko Stimac, talentuoso attore ed al contempo uomo umilissimo, è stato sentitamente acclamato da tutti i presenti.
Finalmente godiamo della visione del Documentario di Kusturica “El Pepe, a life supreme”(titolo nella versione inglese). Molto interessante ed acuto dal punto di vista registico. Da notare che i frammenti in cui Pepe Mujica racconta della propria esistenza sono tutti ritratti su una panchina del giardino della sua casa; una panchina interamente ricoperta di tappi colorati riciclati in plastica, con qualche mosca che ronza intorno ed un contenitore di maté quasi trascurato. Dettagli interessanti per confermare quanto El Pepe e sua moglie Lucia Topolansky, anch’essa donna politica, siano rimasti dei rivoluzionari che vivono privi di qualunque orpello.
La densa serata si è chiusa con il concerto degli artisti moldavi “The Advahov Brothers Orchestra” mentre noi avanziamo nella neve nel cuore della notte.
Romina De Simone