E’ morto oggi all’età di 90 anni a Parigi il docente di Filosofia del Diritto all’Università di Padova e attivista di estrema sinistra Toni Negri, considerato un personaggio controverso e uno dei “cattivi maestri” degli Anni di Piombo, durante i quali ci furono omicidi e stragi da parte dei terroristi rossi.
Il leader di Potere Operaio e poi fondatore di Autonomia Operaia fu uno dei maggiori teorici del “marxismo operaista”.
Nel 1979, già affermato docente universitario di Filosofia, venne indagato, arrestato e, dopo quattro anni e mezzo di carcerazione preventiva, processato per “complicità politica e morale” con i terroristi delle Brigate Rosse in una controversa e discussa inchiesta giudiziaria chiamata giornalisticamente “processo 7 aprile”, per la quale era indicato, in sostanza, come il “cervello” in capo a tutto il mondo della sinistra eversiva in Italia.
Incarcerato e processato, all’interno del “processo 7 aprile”, con l’accusa di avere partecipato ad atti terroristici e d’insurrezione armata, fu assolto dalle accuse, per poi essere nuovamente condannato a 12 anni di carcere per associazione sovversiva e concorso morale nella rapina di Argelato, dove fu ucciso un carabiniere e ferito gravemente un altro da parte dei terroristi rossi.
Fu candidato dal Partito Radicale per le elezioni politiche del 1983, quale loro simbolico portabandiera per la riforma dell’istituto dell’immunità parlamentare e la modifica delle cosiddette “leggi speciali” emanate durante gli Anni di Piombo contro i terroristi.
Fu eletto e uscì dal carcere.
Grazie all’immunità parlamentare nel settembre del 1983 fuggì quindi in nave in Francia, sottraendosi alla giustizia italiana.
L’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo dipinse come una vittima: “Nei confronti di Toni Negri fu condotta un’azione giudiziaria che ricorda, mutatis mutandis, Mani Pulite. I classici teoremi dei magistrati di sinistra. Al massimo, Toni Negri si sarebbe meritato una piccola condanna per avere incitato qualche studente a dare un po’ di bastonate. Ma siamo sul piano della rissa, non del terrorismo. Ha pagato un prezzo sproporzionato alle sue responsabilità. E’ una vittima del giacobinismo giustizialista”.
“È morto Toni Negri e subito – ha dichiarato il prof. genovese Paolo Becchi – abbiamo chi lo imbalsama e chi lo denigra. Entrambi non sanno niente di lui e neppure avranno letto una riga di quello che ha scritto. E di righe ne ha scritte tante l’allievo di Enrico Opocher.
Ma dal buon maestro patavino sarebbe nato anche un cattivo maestro.
Beh, in tempi in cui non ci sono più maestri è sempre meglio anche un cattivo maestro.
Chi ricostruirà la storia dell’operaismo italiano non potrà non passare da Toni Negri.
E con lui si chiude un’epoca.
Con lui muore l’idea della rivoluzione e della lotta armata. Chi oggi pensa ancora di sovvertire l’ordine costituito è morto. La lotta armata oggi è solo al fronte nei campi di battaglia, ma è finita l’illusione della rivoluzione.
Senza un soggetto rivoluzionario non ci può essere rivoluzione. La speranza nella multitudine contro l’Impero fu la sua ultima illusione.
Tutti in realtà siamo oggi ‘soggetti’, ma nel senso di sottomessi e ciò che più conta siamo felici di esserlo.
Dobbiamo ammetterlo: la rivoluzione l’ha fatta il capitale che ormai per valorizzarsi non ha più bisogno del lavoro e in prospettiva del lavoratore.
Mio caro Toni, riposa in pace. Non c’è più alcun ‘Che fare?’. Perché tutto è già stato fatto”.