Un’improvvisa e immediata disponibilità economica di cui non si conosce la provenienza, i diari di due anni (1996 e1997) portati come prove, ma che sarebbero smentiti dai testimoni e, infine, le indagini sulla contabilità del commercialista chiavarese Marco Soracco fatte in tre giorni in mezzo al caos.
Sono i nuovi elementi che emergono dalle carte dell’inchiesta sull’omicidio di Nada Cella, la segretaria uccisa il 6 maggio 1996 a Chiavari nello studio del commercialista Soracco per il quale lavorava.
Un “cold case” mai risolto dagli inquirenti della Procura di Genova.
Per quel delitto è ora indagata l’ex insegnante Annalucia Cecere, mentre il professionista e la sua anziana mamma Marisa Bacchioni sono accusati di avere coperto la Cecere mentendo.
Secondo gli investigatori della Squadra mobile, coordinati dal pm Gabriella Dotto, Cecere dopo il delitto ricevette un’ingente somma da qualcuno.
In quegli anni la donna versava in precarie condizioni economiche tanto che la Curia e le suore di Chiavari le davano una mano.
Nelle settimane dopo l’omicidio, però, l’ex insegnante compra mobili costosi e, soprattutto, si trasferisce in Piemonte.
Cecere ha spiegato di avere ricevuto quei soldi in eredità dalla nonna, ma gli inquirenti scoprono che l’anziana muore in quel periodo. Tuttavia, l’eredità alla nipote sarebbe arrivata due anni dopo.
Tale circostanza viene riportata anche in due agende, del 1996 e del 1997, che la donna sotto indagine ha conservato fino a oggi.
Diari in cui Cecere appunta circostanze, incontri e spese che spesso però sono state smentite. Per la riapertura delle indagini sono state analizzate tutte le prove che erano state raccolte all’epoca del delitto.
Sarebbero emerse mancanze ed errori, secondo l’accusa. Come per esempio la perizia fatta fare da un commercialista, che poi fu indagato per rivelazione di segreto d’ufficio, sull’attività dello studio Soracco.
Il commercialista chiavarese, risentito dalla pm genovese, ha spiegato di avere lavorato solo per tre giorni e di averlo fatto all’interno dello studio, nell’immediatezza del delitto, mentre i poliziotti della Scientifica facevano i rilievi.
“Ho solo dato un’occhiata superficiale a pochi faldoni” avrebbe raccontato agli inquirenti.
Di fatto non verificando se tra le carte di Soracco potesse esserci qualcosa di illecito che la segretaria aveva scoperto e da cui il suo datore di lavoro voleva allontanare le attenzioni.