E’ un dato statistico acquisito: oggidì, matrimoni e convivenze, la nuzialità in genere, vivono momenti drammatici e suscitano epiloghi da ambientazioni da genere noir.
Continuando ad argomentare in rapporto alla materia scenografica con cui tali unioni si traducono, possiamo ipotizzare una inusuale ed estemporanea comparazione tra produrre un film e costituirsi in coppia.
Entrambe imprese ardue, laddove forse è la coppia quella più difficile da portare a compimento. E, talvolta, similmente costosa, non solo economicamente.
D’altro canto, la presente considerazione riguarda una condizione di “coppia” particolarmente esposta al bisogno di attenzioni e così variamente e caratterialmente assortita da indurre, fin da subito, a previsioni allarmistiche sulla sua sopravvivenza. In pratica, sulla sua sopportazione delle quotidiane traversie.
In effetti, similmente al girare le sequenze di un film, il primo “ciak” raramente è quello buono, visto che spesso la scena andrà ripetuta più e più volte, in molti casi anche cambiando, dopo svariati tentativi, i protagonisti principali.
Malgrado tutto, sappiamo bene quanto le relazioni sentimentali siano un argomento pregnante ed ampiamente dibattuto in ogni occasione di conversazioni private e pubbliche.
Fatto sta che, in ultra sintesi, se il versante maschile esorcizza il proprio timore per una percepita perdita di libertà con pose gladiatorie, concependo unioni separate, ciascuno a casa sua, e conti economici rigorosamente separati; parallelamente, in parziale opposizione, il versante femminile insiste per una ufficializzazione dell’unione, spesso incauta e frettolosa e sulla base di presupposti infondati, percepiti sulla base di un’esperienza personale che non riesce sempre a rafforzarsi, attingendo alle pregresse vissute vicende.
Se, inoltre, la natura economico-egoista del versante maschile in età fertile (sempre pronto a mutare rotta per scongiurare lo spettro della solitudine) si situa possibilista tra la strategica diffidenza e un misurato sentimento, il versante femminile, usualmente più coraggioso sentimentalmente, si motiva idealizzando ponendo sotto una buona luce anche un legame al lumicino: tentando così di superare d’un balzo e rimuovere ogni pensamento che possa avvicinarlo in qualche misura all’immagine tetra della “famiglia” dipinta da Egon Schiele.
Sia come sia, dopo discussioni, inutili chiarimenti e malesseri diffusi, la celebrazione dell’unione può avviarsi a compimento ed il “ciak” definitivo può avere luogo dinanzi ad una rassegna di amici ed invitati, tra il plaudente e l’indifferente.
Non di rado, nascostamente intenti a dedurre, dai singoli episodi, le personali previsioni sulla durata dell’unione, sul futuro della coppia.
Massimiliano Barbin Bertorelli