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‘Ndrangheta, 9 arresti. Cassazione bacchetta giudici genovesi che li avevano assolti

Giudice genovese Silvia Carpanini (foto d'archivio)

Operazione Maglio 3. Ieri i Carabinieri del ROS e dei Comandi Provinciali di Genova e Imperia hanno comunicato di avere eseguito un ordine di carcerazione nei confronti di 9 persone condannate in via definitiva per il delitto di associazione di tipo mafioso, a seguito della sentenza emessa l’altro ieri dalla Corte di Cassazione.

La pronuncia dei supremi giudici conclude un lungo percorso giudiziario iniziato il 27 giugno 2011 con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere di 12 indagati, ritenuti organici alle “locali” di ‘Ndrangheta operanti a Genova, Lavagna, Ventimiglia e Sarzana.

Dei 12 destinatari della suddetta misura cautelare coercitiva, 11 erano stati assolti sia in primo che secondo grado di giudizio.

Il primo verdetto di assoluzione per l’inchiesta Maglio 3 era stato emesso dal gup genovese Silvia Carpanini.

In quelle sedi, i giudici territoriali avevano ritenuto che agli imputati non potevano essere attribuite quelle condotte caratterizzanti il “metodo mafioso” e in particolare l’esercizio di una sistematica attività di intimidazione, che invece secondo i carabinieri “riverberandosi sulla comunità, ingenerava in questa la tipica condizione di assoggettamento ed omertà”.

Il 4 aprile 2017 la Suprema Corte di Cassazione ha, però, annullato la sentenza assolutoria della Corte di Appello di Genova, rinviando per un nuovo giudizio ad altra Sezione della stessa Corte di Appello.

La Corte, nel sottolineare che le articolazioni della ‘ndrangheta in Liguria sono proiezioni strutturalmente e funzionalmente identiche a quelle calabresi, ha quindi evidenziato come la prova degli elementi caratterizzanti l’art. 416 bis c.p. si potesse desumere già solo dalla presenza di alcuni indici rivelatori del fenomeno mafioso: la segretezza del vincolo, i rapporti di comparaggio tra gli affiliati, l’uso di rituali per l’affiliazione o per la promozione degli accoliti, il rispetto del vincolo gerarchico, l’uso di un linguaggio criptico.

La sussistenza di tali elementi, ampiamente emersi nelle indagini del ROS e della Direzione Distrettuale Antimafia di Genova,  fa sì che “il contributo del partecipe possa essere costituito anche dalla sua sola dichiarata adesione all’organizzazione, senza necessità di compiere specifici atti esecutivi”.

Di conseguenza, la capacità di intimidazione può esplicarsi anche al di fuori della Calabria “in modo silente, cioè senza ricorrere a forme eclatanti” poiché implicitamente legata al semplice vincolo di appartenenza della persona alla ‘Ndrangheta.

La Corte di Appello di Genova, recependo le suddette indicazioni, nel nuovo giudizio, il 16 ottobre 2018, ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di 9 imputati (oggi destinatari dell’ordine di carcerazione), confermata dalla Corte di Cassazione il 28 ottobre, divenendo irrevocabile.

Ai condannati è stata anche applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2, da eseguirsi a pena espiata.

L’importante risultato giudiziario costituisce ulteriore tassello nell’azione di contrasto dell’Arma alle mafie e alle proiezioni di queste fuori dai territori di origine, che si aggiunge a quelli costituiti dalle indagini “La Svolta” e “Maglio 2” che hanno permesso di accertare l’operatività di strutture di ‘Ndrangheta a Ventimiglia, Bordighera e Genova.

Le persone condannate sono:

– BARILARO Fortunato, affiliato al locale di Ventimiglia (IM), condannato ad anni 6 di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2;

– BARILARO Francesco, membro del locale di Ventimiglia (IM), condannato ad anni 6 di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2;

– CIRICOSTA Michele, inserito nel locale di Ventimiglia (IM), condannato ad anni 6 di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2;

– PEPÈ Benito, esponente del locale di Ventimiglia (IM), condannato ad anni 6 di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2;

– GARCEA Onofrio, appartenente al locale di Genova, condannato ad anni 7 mesi 9 giorni 10 di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2, già detenuto per altra causa;

– MULTARI Antonino, inserito nel locale di Genova, condannato ad anni 4 mesi 8 di reclusione con interdizione per anni 5 dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2;

– NUCERA Lorenzo, membro del locale di Genova, condannato ad anni 4 mesi 8 di reclusione con interdizione per anni 5 dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2;

– BRUZZANITI Rocco, affiliato al locale di Genova, condannato ad anni 4 mesi 8 di reclusione con interdizione per anni 5 dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2;

– BATTISTA Raffaele, esponente del locale di Genova, condannato ad anni 3 mesi 1 giorni 10 di reclusione con interdizione per anni 5 dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 2.