Home Spettacolo Spettacolo La Spezia

Nell’Oratorio della Chiesa di S.Martino a Framura “Come se niente fosse”

Nell’Oratorio della Chiesa di S.Martino a Framura Come se niente fosse
Nell’Oratorio della Chiesa di S.Martino a Framura Come se niente fosse

Nell’Oratorio della Chiesa di S.Martino a Framura “Come se niente fosse” Officine Papage in collaborazione con il Teatro della Caduta

Nell’Oratorio della Chiesa di S.Martino a Framura “Come se niente fosse” il 29 Marzo Teatro della Caduta in occasione della rassegna Concentrica presenta COME SE NIENTE FOSSE un monologo di e con Davide Grillo

Un’allerta meteo avverte la popolazione che è in arrivo nella penisola italiana una gigantesca ondata di scetticismo, la perdita di senso che ne deriva si estende progressivamente a tutte le cose e minaccia di trascinare il paese nel caos, nella disillusione e di lasciarlo privo di sensi.
Il tutto proprio nel mezzo della pausa di riflessione di una giovane coppia ormai non più sicura del senso del loro stare insieme. “Come se niente fosse” è una favola scettica, un monologo comico sul rapporto tra il precariato, la mancanza di senso e la fine delle cose.
Sul come si smette di essere figli, sul post-fordismo e sul continuo senso di inadeguatezza che questi ci regala. Si racconta la nascita e l’evoluzione di un dubbio collettivo che da minuscolo diventa iperbolico trascinando l’intero paese nel caos, nell’indeterminatezza e lasciandolo privo di sensi.
Una vicenda incresciosa destinata a generare una serie di situazioni tragicomiche e riflessioni sparse sulla casualità del mondo, degli affetti, i demoni meridiani e l’idea di felicità. Il tutto a favore di un futuro approccio metereologico e socioeconomico all’insignificanza.
«Lo spettacolo è nato dal tentativo di raccontare attraverso il genere fantastico e il pensiero esistenzialista, un certo tipo di inadeguatezza e di smarrimento mio e della mia generazione, i nati tra gli anni ottanta-novanta – spiega Davide Grillo – Il fatto di sentirsi costantemente in ritardo rispetto alla vita, l’ansia di riuscire in qualcosa, l’assurdo di questa competizione continua (non si sa bene con chi) e il senso di colpa. Perché il fatto che quasi tutti i miei amici sono nella mia stessa condizione non mi fa sentire meno solo o inadeguato?
Perché problemi endemici come il precariato o l’assenza di futuro per quanto siano percepiti da tutti non si trasformano più in proteste collettive come in passato ma al contrario vengono sentiti, vissuti, trattati e a volte medicalizzati come problemi individuali? Ponendomi queste domande ho scoperto che forse l’apparato teorico dell’esistenzialismo era necessario ma insufficiente a descrivere come ci si sente ora, mancava una parte, sono cambiate delle cose ed è come se avessimo a che fare con un male di vivere del tutto nuovo, forse il nostro è un male di vivere post-fordista. Per trovare questa parte mancante mi sono rivolto principalmente ai libri di Mark Fisher.»