GENOVA – Nervi e Serra Riccò. Due grosse frane pressoché identiche, a seguito delle forti piogge dell’anno scorso. Sfollate otto famiglie da una parte e otto dall’altra. I cittadini di “serie A” rientreranno e quelli di “serie B” non vedono un futuro.
Il caso accade a Genova. Nelle lussuose case a schiera di Capolungo a Nervi abitava la famiglia di un magistrato e altre sette famiglie sfollate dopo la frana del gennaio 2014. Se loro, nei giorni scorsi, hanno ottenuto da un altro magistrato genovese l’ingiunzione per il ripristino della messa in sicurezza della scogliera nei confronti di Comune e Regione, per quelli di Prelo, a Serra Riccò, non ci sono certezze. Anzi, agli sfollati dell’entroterra genovese hanno chiesto pure dei soldi.
Due drammi identici. Due storie con differenti risultati.
Dal lato di Nervi le istituzioni dovranno sborsare centinaia di migliaia di euro. Dall’altro lato nicchiano, con la Città metropolitana che scrive: “Non siamo responsabili del danno”.
Nessuno muove un dito per gli sfollati di Prelo, che denunciano: “Ci sentiamo cittadini di serie B e ci prendono per i fondelli. A noi ci hanno chiesto 125mila euro per la messa in sicurezza. Il muro è crollato guarda caso il giorno dell’alluvione. La nostra vita si è fermata a oltre un anno fa. Ormai siamo senza soldi e disperati, senza certezze. Siamo stati lasciati soli”.
Il caso genovese purtroppo è uno dei tanti. Per alcuni il potere istituzionale decide. Per altri no.