“Mio zio fu condannato a morte da Hitler per l’atto di coraggio di arrendersi, di non distruggere il Porto di Genova salvando la città e per avere sottoscritto l’atto di resa incondizionata nella mani dei partigiani, che lo arrestarono salvandolo nel contempo dai fanatici che volevano ucciderlo. Lui è stato salvato dai partigiani per il suo gesto coraggioso”.
Lo ha dichiarato oggi all’agenzia Ansa Wijko Meinhold, nipote del generale della Wehrmacht Gunther Meinhold, comandante in capo delle truppe tedesche in Liguria che il 25 aprile 1945 nella sala di Villa Migone a Genova firmò la resa nelle mani dei partigiani.
Wijko Meinhold è stato invitato a Genova in occasione della visita in città del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per celebrare l’80esimo anniversario dalla Liberazione.
Infatti, Mattarella durante il suo intervento dal palco del Teatro Ivo Chiesa, ha ricordato “l’atto di coraggio” del generale Meinhold che “condannato a morte da Hitler come traditore avrebbe poi scritto: ‘era la sorte della città e quello che più contava la vita di migliaia di persone da tutte e due le parti che doveva starci a cuore. La mia coscienza mi vietava di sacrificare ancora un sol uomo’. Il rischio che Genova finisse distrutta come Varsavia era sventato”.
“Mio zio – ha aggiunto Wijko Meinhold – era nella quindicesima divisione di fanteria dell’esercito tedesco in Russia fino al 1944, e operò negli stessi posti dove oggi c’è la guerra in Ucraina, poi fu nominato comandante a Genova.
Ci fu l’efficace opera di persuasione del cardinale e arcivescovo di Genova Pietro Boetto, che portò alla resa delle forze tedesche al Comitato di Liberazione Nazionale senza distruggere il Porto di Genova come ordinato da Adolf Hitler.
Mio zio negoziò segretamente per fermare la distruzione della città consegnando ai partigiani una mappa del porto con i dettagli delle cariche esplosive da rimuovere”.
Le truppe tedesche del generale Meinhold si arresero al CLN per la Liguria e non alle truppe alleate, che arrivarono a Genova solamente il 27 aprile.
Terminata la guerra il generale della Wehrmacht fu internato in vari campi di prigionia e fu ascoltato come testimone al processo di Norimberga. Il 26 giugno 1947 fu definitivamente rilasciato e ritornò dalla sua famiglia a Hardegsen, vicino a Gottinga, dove morì nel 1979.