Si definisce “portavoce” del nascente comitato “Libera Piazza Genova” che, grazie a Telegram e al passaparola, da due mesi, sabato dopo sabato, e’ riuscito a organizzare manifestazioni con cadenza settimanale contro il Green pass e a favore della libera scelta vaccinale.
Il suo nome e’ Leonardo Sinigaglia, ha 22 anni ed e’ uno studente di Storia dell’ateneo genovese. Frequenta il secondo anno ma, in ateneo, per colpa delle restrizioni Covid ci e’ entrato non piu’ di 20 volte.
Anche per questa ragione, Sinigaglia si trova ogni sabato alla testa di un corteo mai sceso sotto le 300 unita’, con picchi di mille persone agli esordi della protesta. Si tratta di uno dei pochissimi movimenti organizzati di ribellione in Italia contro le imposizioni dall’alto, che ora, secondo le sue parole, potrebbe evolversi in un contrasto al Governo “un po’ sul modello dei gilets jaunes francesi”.
“Quello che mi ha spinto ad attivarmi e a portare la voce della collettivita’ alle istituzioni – ha spiegato Sinigalia in una luna intervista all’agenzia AGI – e’ stato il fatto che mi sono sentito preso in giro fin dal primo giorno.
Interventi spacciati in questo anno e mezzo come sanitari, sono in realta’ di ordine pubblico: non e’ casuale anche la scelta dei termini, da coprifuoco ad assembramento, che rimandano ad un lessico militare, non certo a quelli della scienza. E non e’ stato casuale che abbiano messo un generale a gestire tutto questo”.
Il malcontento e la sfiducia si sono riversati in piazza, passando per il tam tam di Telegram e arrivando. essere più strutturatI: “C’e’ chi tiene la cassa, chi recupera e diffonde materiale a seconda del ruolo che gli compete, dai professori agli avvocati. Abbiamo una struttura nascente che si organizza sul territorio. Poi c’e’ il reperimento di striscioni, megafoni, impianti, fischietti. C’e’ chi dialoga con la Questura per le manifestazioni, chi organizza i percorsi e le modalita’ della protesta: Il punto di forza della nostra piazza, numericamente inferiore magari a Milano, Roma, Torino, e’ quello di essere rimasta costante ogni sabato da 2 mesi.
Non ci affidiamo alla spontaneita’. Vogliamo che si sappia perche’ si va in piazza. Siamo riusciti a mettere in piedi una struttura in grado anche di affrontare spese ingenti: l’impianto audio ci e’ costato quasi 800 euro e lo abbiamo preso auto tassandoci. Oggi non parliamo piu’ col megafono con cui ci sentivano in venti, ma con un impianto che ci raggiunge tutta piazza De Ferrari. Nel giro di un mese questo Comitato nascera’ ufficialmente”.
La protesta, condita spesso da cori e insulti contro esponenti del governo, infettivologi, media e personaggi illustri, non e’ pero’ un mero sfogatoio: “Non vogliamo essere ‘bastian contrari’. Quel che ci spinge a protestare e a combattere contro questa deriva e’ che rischiamo una profonda modificazione dell’assetto politico, economico e anche sociale del Paese.
Pensiamo fermamente che tutti gli strumenti di controllo inseriti in questi mesi siano stati introdotti per restare, per diventare permanenti. In risposta alla crisi geopolitica, economica, sociale che attanaglia l’Occidente, questa emergenza si sta usando per puntellare e tenere in piedi un sistema che sta cadendo.
Non si puo’ pensare che il coprifuoco e la militarizzazione della societa’ servano a contenere il contagio, anche perche’ l’impatto di queste misure sembra nullo. In realta’ siamo davanti a uno Stato sul punto di crollare e che sceglie di mettere i soldati tra lui e il proprio futuro.
“Libera piazza Genova si autocontrolla. Abbiamo regole che non sono codificate, ma rispondono al buonsenso e alla presentabilita’. La gente e’ interessata al fatto che passi un messaggio forte, conflittuale anche, ma reale. Non e’ la disobbedienza fine a se stessa.
La piazza non e’ risolutiva, bensi’ rappresenta uno strumento per creare organizzazione e rompere una narrazione che ci dipinge come non siamo.
Al crescere di imposizioni governative, questo dissenso crescera’ ancora, ma piu’ le imposizioni diventeranno stringenti, piu’ le persone potrebbero sentirsi impotenti e adeguarsi a quelle decisioni, magari solo per poter mangiare.
La cosa che mi aspetto quindi e’ un radicalizzarsi della protesta. Ovvero non ci si limitera’ piu’ al contrasto del solo Green pass, ma ci si scagliera’ contro il sistema rappresentato dall’attuale Governo.
E’ come con i gilets jaunes in Francia. Una protesta nata a seguito del rincaro della benzina, ma che, dopo aver visto 2 anni di manifestazione con 40 morti e con tutti i disagi sociali che ne sono conseguiti, si e’ trasformata in una contestazione generale.
Nei prossimi mesi la lotta al Green pass si estendera’ sempre di piu’ e diventera’ lotta generale contro il Governo, i numeri sul medio e lungo periodo sono destinati ad aumentare per sfociare in una protesta contro Mario Draghi e il suo esecutivo”.
Quindi Gilets jaunes come modello politico per Libera piazza Genova?
“Ho i miei modelli politici, ma parlando come rappresentante di una collettivita’ non voglio che ne’ in positivo ne’ in negativo le mie affiliazioni possano essere estese alla collettivita’. Senza dubbio dal punto di vista organizzativo e della cronaca, quanto successo in Francia con i gilet gialli rappresenta qualcosa di vincente. Nonostante non siano riusciti ad abbattere il Governo di Macron, in anni di mobilitazioni sono riusciti a mettere la pietra angolare su cui costruire una vera risposta politica. Hanno creato un movimento organizzato sul territorio, una forma di contropotere dal basso. Ed e’ la cosa essenziale.
La nostra e’ una manifestazione ovviamente politica. Quello che ci unisce e’ la sfiducia verso il presente ordinamento. In piazza ci sono persone di ideologie politiche differenti e, certo, ci usano come strumento per screditare l’avversario politico. Ma noi non ci sentiamo rappresentati da nessuna forza in Parlamento perche’ sosteniamo che in Parlamento ci sia un solo partito, quello di Mario Draghi.
Sia chi e’ al Governo che chi si trova all’opposizione, dall’insediamento di Draghi non ha fatto altro che cercare di appoggiare l’operato del premier ed esaltarlo in qualunque modo, col famoso ‘effetto Draghi’, con una specie di culto della personalita’ che e’ preoccupante e allarmante.
Libera piazza Genova politicamente ha una declinazione democratica, che vuole far rispettare i diritti sanciti dalla Costituzione, che chiede la liberta’ collettiva ed individuale e l’uguaglianza tra cittadini.
Ho visto che la stragrande maggioranza delle persone in piazza in questo periodo non ha pregresse esperienze di militanza civica o politica. Non solo. Ho difficolta’ a ricordarmi situazioni in cui, per due mesi, c’e’ stata una contestazione fissa con contenuti precisi e numeri non indifferenti in piazza. E’ un segnale che la gente, sfiduciata, sente il bisogno di riprendere in mano la palla per crearsi il proprio futuro”.
Ora l’obiettivo del nascente comitato genovese e’ fare rete e scavalcare i confini cittadini: “Ci sono tante piazze vive da nord a sud. L’errore che viene fatto da molti coordinamenti e’ che sono composti da persone che rappresentano solo se stesse.
Noi pensiamo che prima di costruire il tetto sia necessario costruire le fondamenta. Quindi si’, abbiamo diversi contatti con le altre citta’ e, appena si riuscira’ a presentarsi in maniera omogenea e consolidata, speriamo che la contestazione passi dal locale al nazionale.
Tuttavia, non c’e’ nessuna intenzione al momento di candidarsi ai prossimi appuntamenti elettorali. Direi che e’ un percorso fuori da qualsiasi possibilita’. Non siamo il cartello elettorale di nessuno”.