Oltre un allarme alimentare a settimana riguarda prodotti ittici, ma l’UE vuol far sparire dalle tavole 1 pesce italiano su 3
Sono oltre 123mila i kg di pesce importati dal Giappone in un anno: meno dello 0,02% sul totale dei prodotti ittici che arrivano in Italia da tutto il mondo. Questo è quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat relativi al 2022, resi noti in riferimento alla decisione del Governo di Tokyo di autorizzare lo scarico in mare dell’acqua radioattiva contenuta nella cisterne dello stabilimento Fukushima, devastato dal disastro nucleare del marzo 2011. Una decisione che sta avendo e avrà ripercussioni economiche importanti, la quale ha già provocato le proteste della Cina e il blocco da parte di Hong Kong delle importazioni di prodotti alimentari giapponesi.
“Lo sversamento di acqua radioattiva nel mare del Giappone – sottolineano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – è preoccupante sia dal punto di vista della salute che da quello ambientale, dal momento che impatta in maniera importante flora e fauna ittica. Come già evidenziato lo scorso luglio in apertura del Villaggio Contadino di San Benedetto del Tronto, oggi in Italia oltre un allarme alimentare a settimana riguarda il pesce straniero. Si parla di ben 63 notifiche, che rappresentano oltre l’86% di tutte quelle relative ai prodotti ittici consumati sul territorio nazionale durante l’anno. Un dato allarmante quello che emerge dall’analisi Coldiretti basata sulle elaborazioni del Sistema di allerta rapido (Rassf) del 2022”.
Nonostante ciò, le nuove norme UE sulla pesca rischiano di far sparire dalle tavole 1 pesce italiano su 3, con il divieto della pesca strascico che va a colpire il settore più produttivo della Flotta Italia, aprendo la strada a una vera e propria invasione di prodotto dall’estero.
“In Italia la pesca a strascico rappresenta il 20% della flotta totale peschereccia – spiega Daniela Borriello, Rappresentante regionale Coldiretti Impresa Pesca per la Liguria – con 2088 unità, circa 7000 lavoratori, il 30% degli sbarchi e il 50% dei ricavi. Un settore che, in Europa, rappresenta il 25% degli sbarchi totali di prodotti ittici e il 38% dei ricavi, con oltre 7000 imbarcazioni. In Liguria, invece, le imbarcazioni a strascico oggi sono circa 80: una flotta che è destinata a dimezzarsi nel giro di pochi anni per una politica comunitaria scellerata”.
Come abbiamo già avuto modo di denunciare a più riprese nei mesi passati, infatti, l’obiettivo della Commissione è quello di eliminare gradualmente la pesca a strascico. Un’idea totalmente ingiustificata e basata su pareri scientifici non oggettivi, oltre che una politica assolutamente miope per garantire l’approvvigionamento alimentare dei Paesi UE. Un dato ancor più allarmante se si pensa che nella nostra regione ad oggi il 70% del prodotto ittico che finisce sulle tavole viene proprio dallo strascico.
“In Liguria – aggiungono di concerto Boeri, Rivarossa e Borriello – la pesca a strascico è esercitata in modo artigianale, con battute di pesca giornaliere con un’alta selettività. Ricordiamo, ad esempio, i famosi gamberi viola di Sanremo e Santa Margherita Ligure, il cui approvvigionamento è già messo a forte rischio da una politica comunitaria che non tiene in debito conto delle specificità. Per il nostro territorio regionale, a forte trazione turistica, sarebbe un duro colpo non avere più prodotti ittici pescati in Liguria da questi pochi pescatori che sono sopravvissuti fino ad ora perché animati da una forte passione ed amore per il loro lavoro”.
Per tutte queste ragioni “è necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri – concludono il Presidente ligure, il Delegato Confederale e la Responsabile regionale Coldiretti Impresa Pesca – garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute”. Per controllare direttamente l’origine del pesce acquistato, il consiglio della Coldiretti è di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca, e scegliere la “Zona Fao 37” se si vuole acquistare prodotto pescato del Mediterraneo.