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Omaggio di Genova alle prostitute. Carratù: finanziarono costruzione moli, targa a Sottoripa

Prostitute nel Centro storico di Genova (foto d'archivio)

Nel Medioevo finanziarono la costruzione dei moli di Genova con il loro lavoro di prostitute. Oggi, secoli dopo, la città è pronta a rendere omaggio con una targa commemorativa a tutte quelle donne che tra il 1300 e 1400 consentirono alla Superba di diventare una potenza mondiale.

A darne notizia è il quotidiano genovese Il Secolo XIX.

“Dovevano pagare cinque soldi al giorno alla Repubblica di Genova, tra il Trecento e il Quattrocento – ha spiegato il presidente del municipio Centro Est Andrea Carratù (Lega) – e quel loro contributo era stato essenziale per realizzare le opere portuali”.

L’idea di omaggiare le prostitute genovesi dell’epoca nacque dall’idea di una associazione della città vecchia, la Fondazione Amon, che era stata sostenuta nella sua battaglia da Comunità San Benedetto e Princesa, concordi nel voler dare un riconoscimento alle donne di strada nel 2017 e dopo cinque anni sembrerebbe arrivata alla conclusione.

Un’iniziativa culturale per rimediare ad una vera e propria ingiustizia: anche se i moli cittadini erano stati costruiti con il lavoro delle lucciole, proprio a loro era vietato persino avvicinarsi all’area portuale per non distogliere dal lavoro i camalli e i marinai.

“Il luogo per collocare la targa è già stato individuato, sulla parte esterna di Sottoripa dietro a Palazzo San Giorgio” ha aggiunto Daniela Marziano, avvocata e assessore del municipio Centro Est – la Sovrintendenza deve ancora pronunciarsi su alcuni dettagli del testo e sul materiale della targa, ma il senso è ormai definito, c’è una delibera municipale e l’operazione si farà”.

Il testo, provvisorio, è in sintesi così: “Tra il XIV e il XV secolo le lavoratrici dell’antica ‘arte del meretricio’ potevano esercitare, protette e curate, versando 5 soldi al giorno alla Repubblica di Genova. Con i proventi di tale gabella la Repubblica finanziò importanti opere monumentali, tra queste la costruzione e l’ampliamento della fabbrica, zona che era vietata alle nostre lavoratrici”.