Giovedì scorso i giudici della Corte di Assise di Genova, confermando l’impianto accusatorio della procura e quindi gli elementi investigativi acquisiti dalla Squadra Mobile in relazione all’omicidio di Davide “Davidino” Di Maria, avvenuto a Genova il 17 settembre 2016, ha condannato Guido Morso a complessivi 21 anni di reclusione, il padre Vincenzo Morso a 19 anni e Mor N’Diaye a 7 anni e otto mesi.
Ieri pomeriggio la polizia ha eseguito le ordinanze cautelari emesse dalla stessa Corte di Assise nei confronti di Guido e Vincenzo Morso, entrambi messi ai domiciliari per omicidio e ricettazione della pistola utilizzata e solo di Guido Morso per aver ceduto 3 chili di hashish alla vittima, a Marco N’Diaye e a Christian Beron.
Inoltre, è stata confermata la custodia cautelare in carcere nei confronti del senegalese, naturalizzato italiano, Marco Mor N’Diaye, perché insieme a Davide Di Maria e Christian Beron, avrebbe acquistato la droga per poi cederla a terzi.
La questura genovese oggi ha spiegato che “i nuovi provvedimenti cautelari sono stati motivati dalla procura e accolti dal gip per la gravità dei fatti, l’entità della pena inflitta nella sentenza di condanna e la pericolosità sociale degli arrestati”.
Infatti, Morso Vincenzo dopo l’omicidio si era reso “latitante” per circa due settimane, mentre il figlio Guido, dapprima irreperibile, venne fermato a Genova il giorno successivo.
Peraltro, Vincenzo Morso era già stato arrestato nel 2011, insieme ad altre 62 persone nell’ambito dell’operazione denominata “Tetragona” della Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta in quanto ritenuto affiliato all’associazione di stampo mafioso denominata “Cosa Nostra”, nello specifico al clan “Emmanuello”.