Pubblichiamo di seguito l’intensa riflessione in merito al concerto di Vinicio Capossela, tenutosi nel corso della 12°edizione del Festival di Kustendorf, condivisa con noi dall’antropologo Damiano Gallinaro, fedele frequentatore del Kustendorf e dei Balcani secondo una visione più ampia, che ringraziamo per il generoso contributo.
Alcune volte bisogna andare lontano per riscoprire le proprie radici e per sentirsi liberi di cantare le proprie idee senza avere remore. E tutto questo accade durante il trascinante concerto di Vinicio Capossela in un posto ai confini del tutto, in un villaggio chiamato Drvengrad, costruito dal leggendario regista Kusturica. Non è questo il luogo in cui discutere sul valore simbolico del villaggio o sulle idee del suo sindaco, oggi parliamo di musica e di buona, buonissima musica quella che fa bene all’anima.
Capossela inizia il concerto con ritmi lenti quasi a voler fare intendere che , visto il luogo magico, sarà una serata colma di melodie da cullare.
Ma è solo l’overtoure di un viaggio nella tradizione popolare italiana.
Dopo le prime tre canzoni inizia a trascinare il pubblico con una cover di Celentano anche qui molto amato, poi è il momento del Maraja’ .
Tra decine di cambi di cappello e di strumenti musicali (chitarra, fisarmonica, pianoforte) si arriva al cuore del concerto, le canzoni dell’album “Le Canzoni della Cupa” dove la sua anima popolare coccolata fin dai tempi di “Canzoni a manovella” si rivela nella sua massima forma.
Ed il pubblico internazionale intervenuto per il festival di Kustendorf balla e si libera come ci si libera dalla taranta.
C’è tutta la magia, la forza e la provocazione di Capossela in questo concerto alla fine del mondo, e ci si sente liberi e leggeri.
E poi succede qualcosa che non ti aspetti, che questo variegato pubblico inizi ad intonare e a chiedere un canto che in questi periodi in Italia si ha quasi pudore di cantare, come se davvero fosse diventato di nuovo un canto di resistenza.
Sui monti al confine tra Serbia e Bosnia il pubblico chiede ed ottiene una meravigliosa e trascinante versione di Bella Ciao, ed anche questa è una forma di liberazione.
Ovunque proteggi.
Damiano Gallinaro
E dopo la quasi mistica esperienza del concerto di Capossela e le altrettanto evocative parole di Damiano, proseguiamo nell’avvicendarsi degli eventi organizzati in questo preziosissimo festival.
Romina De Simone