La Polizia Penitenziaria piange Papa Francesco: sempre presente
Papa Francesco è sempre stato sensibile ai problemi di chi sta in carcere, comprendendo però nel suo abbraccio sia chi è detenuto per aver commesso reati e sta espiando la pena, sia chi in carcere lavora, “in primis”, gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria.
Uomini in divisa che vigilano su altri uomini in un compito molto difficile e delicato di dover conciliare l’ordine e l’osservanza delle regole, come la dignità umana. Poliziotti sempre in prima per i quali Bergoglio ha sempre avuto parole di elogio e stima.
Per questo a piangere la scomparsa del Pontefice venuto da lontano è il Sappe, sindacato di prim’ordine per la Penitenziaria. Papa Francesco, scrive il Sappe a firma del suo segretario generale Donato Capece, è “sempre stato attento e sensibile alle criticità diffuse delle carceri italiane e del personale di Polizia Penitenziaria che in esse lavorano. È per questo che abbiamo avuto modo di apprezzarlo. Nel pontificato di Jorge Mario Bergoglio le visite in carcere sono state una costante come lo erano state quando arcivescovo a Buenos Aires aveva scelto di celebrare i momenti fondamentali della cristianità in quelle che definiva le “periferie esistenziali”.
Capece ricorda poi, a nome del Sappe, la decisione di Francesco “di non presiedere più la solenne Messa in Coena Domini nella cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano, per recarsi invece in luoghi simbolici, come carceri e centri di accoglienza. Solo 15 giorni dopo essere diventato Papa, il 28 marzo 2013 Bergoglio celebrò la sua prima messa del Giovedì Santo nell’Istituto per Minori di Casal del Marmo il 28 marzo 2013, rito ripetuto nello stesso luogo, undici anni dopo, il 6 aprile 2023”.
Il dettagliato e interessante ricordo prosegue narrando come “prima della pandemia il Pontefice aveva visitato le carceri di Roma Rebibbia nel 2015, Paliano nel 2017, Roma Regina Coeli nel 2018 e Velletri nel 2019. Dopo il covid, nel 2022, Bergoglio scelse il Nuovo Complesso penitenziario di Civitavecchia per il rito del Giovedì Santo, dedicato ai reclusi di diverse età e nazionalità”. gli Negli ultimi mesi di pontificato, che vengono definiti “particolarmente intensi”, il 28 aprile 2024 “il Papa ha visitato l’istituto femminile della Giudecca, che ha ospitato il Padiglione della Santa Sede per la Biennale. Un mese prima, aveva celebrato la messa in Coena Domini del Giovedì Santo nella casa circondariale femminile “Germana Stefanini” di Roma. Qualche giorno dopo, il 18 maggio, ha pranzato con i detenuti della casa circondariale di Verona”.
Quindi, il 26 dicembre scorso, ricorda la nota Sappe, “Francesco ha aperto la Porta Santa nella chiesa del Padre Nostro nel penitenziario romano: “La prima Porta Santa l’ho aperta a Natale in San Pietro, ma ho voluto che la seconda fosse qui in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi tutti che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibilità anche di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude”. L’ultima visita al carcere romano di Regina Coeli giovedì scorso, un breve ma intenso passaggio: “Sempre mi é piaciuto venire in carcere per fare la lavanda dei piedi – ha detto Papa Francesco, rivolgendosi ai detenuti che lo hanno accolto -. Quest’anno non posso, ma sono vicino a voi”.
Capece sai dice poi emozionato, rievocando “l’udienza nel 2019 con i soci dell’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria quando indossò la bustina dell’Associazione”.
“Il gesto simbolico del Papa è stato interpretato come un riconoscimento a tutti coloro che hanno indossato, negli anni, l’uniforme del Corpo degli Agenti di Custodia e del Corpo di Polizia Penitenziaria. Tutti coloro, cioè, che l’Anppe rappresenta. Papa Francesco ci disse: «Anzitutto alla Polizia Penitenziaria e al personale amministrativo vorrei dire grazie. Grazie perché il vostro lavoro è nascosto, spesso difficile e poco appagante, ma essenziale. Grazie per tutte le volte che vivete il vostro servizio non solo come una vigilanza necessaria, ma come un sostegno a chi è debole, voi ponete le basi per una convivenza più rispettosa e dunque per una società più sicura. Grazie perché, così facendo, diventate giorno dopo giorno tessitori di giustizia e di speranza». Dino Frambati
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