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Genova Albaro, cinghiali fuori dal bar ‘dei vip’ a mezzogiorno

Genova Albaro, cinghiali fuori dal bar 'dei vip' a mezzogiorno
Una famigliola di cinghiali che scorrazza a Genova Albaro (foto di repertorio)

GENOVA. 21 GEN. Quattro cinghiali adulti in Piazza Leonardo da Vinci, nel pieno centro del quartiere di Albaro, a pochi metri dal noto bar ‘La Piazza’, passata proprietà della figlia dell’ex Presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti e notoriamente frequentato da molti vip e personaggi della cosiddetta ‘Genova bene’.

E’ questo il ‘quadretto familiare’ catturato dal genovese che intorno all’ora di pranzo di oggi, trovandosi a transitare lungo via Ricci, in direzione di via Boselli, all’altezza di piazza Leonardo Da Vinci, proprio all’incrocio con via Monte Zovetto, ha notato la famigliola di ungulati che si guardavano tranquillamente intorno, fermi a metà dell’attraversamento stradale, all’inizio dell’aiuola spartitraffico.

Già diverse volte, negli ultimi mesi, sono stati documentati (anche da LN) diversi avvistamenti di gruppi di cinghiali in giro per il capoluogo ligure.

Le foto di ungulati a spasso, anche per il quartiere di Albaro, non sono quindi una novità. Ma che adesso addirittura gli animali selvatici si spingano fino a pochi metri da negozi, supermercati e locali in pieno giorno e in una zona molto frequentata dalle persone, appare perlomeno singolare. Sperando non diventi un’abitudine.

M.F.

Cadavere donna ritrovato in un traghetto partito da Genova

Cadavere donna ritrovato in un traghetto partito da Genova
Tirrenia (foto di repertorio)

GENOVA. 16 NOV. Il corpo di una donna senza vita è stato trovato a Porto Torres nella stiva del traghetto Tirrenia “Sharden” proveniente da Genova.

Dalle prime informazioni, sembra, che sul cadavere non siano presenti segni di violenza.

Molto probabilmente si tratta di Imelda Bechstein, 74 anni di Monaco, scomparsa lo scorso 30 ottobre mentre dalla Sardegna rientrava verso Genova a bordo dello stesso traghetto, lo “Sharden”, assieme al marito.

Era stato proprio il coniuge a lanciare l’allarme, ma della donna non si era saputa più alcuna notizia e si era pensato ad una caduta in mare.

I resti della donna sono stati trovati nella sala macchine del traghetto in una condotta per l’ispezione alle assi dell’elica, il che rende ancora più misteriosa tale morte.

Ora toccherà al medico legale fare luce sulle cause della morte.

Bomba disinnescata alle Poste di Castelletto, pista antagonisti

Bomba disinnescata alle Poste di Castelletto, pista antagonisti
Polizia, agenti della Digos (foto di repertorio)

GENOVA. 8 GIU. La Digos genovese ha prelevato e sta analizzando le immagini della telecamera puntata sulle Poste in Spianata Castelletto.

Sono considerate preziose per risalire agli autori dell’allarme per la tanica con 5 litri di liquido infiammabile, pila e fili elettrici ritrovati stamane alle 7,30 da un passante, che ha avvisato il 113.

La sezione Scientifica, invece, sta effettuando i rilievi su congegno elettrico e tanica di benzina.

A Genova alcuni antagonisti, dopo aver deturpato i palazzi storici ed aver tenuto in ostaggio il centro città per un sabato sera, nei giorni scorsi avevano manifestato davanti alle Poste di via Dante e nella notte avevano imbrattato le vetrine di alcuni uffici postali, incluso quello di piazza Cavour.

Ora, per la rudimentale bomba davanti al bancomat delle Poste a Castelletto, la Digos genovese sta indagando a 360 gradi. Tuttavia, gli investigatori non escludono la pista della violenta protesta degli antagonisti di area anarchica.

A Torino nei giorni scorsi era saltato un altro bancomat delle Poste e l’attentato era stato rivendicato dagli antagonisti di area anarchica, che protestano contro la compagnia aerea Mistral Air, del gruppo Poste Italiane, secondo loro “colpevole di deportazione” ossia di trasferire gli immigrati clandestini nei centri di accoglienza e di identificazione.

 

Omicidio Pontedecimo, il vigile presente si difende davanti al pm

Omicidio Pontedecimo, il vigile presente si difende davanti al pm
Tribunale di Genova (foto d'archivio)

GENOVA. 28 LUG. L’agente di Polizia Municipale accusato di concorso per omissione in omicidio oggi si è difeso davanti al pm.

In sostanza, ha spiegato di non avere fermato la lite che ha portato all’omicidio del 65enne Francesco Larosa, ucciso a Pontedecimo dal nipote per una questione di vicinato, perché in quegli attimi non avrebbe compreso che cosa stesse realmente accadendo e la gravità della situazione.

Inoltre, avrebbe spiegato che sarebbe rimasto impietrito davanti alla scena di rabbia e violenza, forse per la paura.

L’agente della polizia municipale, ha poi precisato di non essere amico di nessuno delle due famiglie in lite, ma ha ammesso di essere stato contattato dai Bruzzese, che si erano presentati al comando di zona per chiedergli di intervenire sulla questione dei confini tra le proprietà delle famiglie imparentate fra loro.

Falsi Modigliani, Sgarbi a giunta Bucci: riaprite mostra. Ma Serafini non sa che fare

Falsi Modigliani, Sgarbi a giunta Bucci: riaprite mostra. Ma Serafini non sa che fare

GENOVA – “Riaprite, riaprite, riaprite”. Oggi il critico d’arte ed opinionista Vittorio Sgarbi ha lanciato uno dei suoi anatemi sulla nuova giunta di Genova, invitando il sindaco Marco Bucci a riaprire la mostra di Modigliani a Palazzo Ducale, chiusa dopo il sequestro di 21 opere (su 60 esposte) da parte della procura.

“Averla chiusa – ha dichiarato Sgarbi – non è soltanto un’ingiustizia nei confronti del pubblico, ma anche un atto di sottomissione al potere giudiziario. Un’indagine non è una sentenza, la mostra va riaperta. Anzi, alla luce di questi accadimenti, andava prorogata. La chiusura è un atto inaccettabile contro i cittadini che hanno il diritto, comunque, di vedere quelle opere, perché è una mostra finanziata con soldi pubblici. Mi auguro che il sindaco contraddica chi ha deciso questa inaccettabile resa”.

Molti dei dipinti sono stati ritenuti falsi dagli esperti di Modì (Pepi e Restellini). Tuttavia, secondo alcune indiscrezioni, circolate a Palazzo di Giustizia, anche i periti incaricati da carabinieri e pm avrebbero già avanzato forti dubbi sulla loro autenticità.

Ciò nonostante, secondo Sgarbi, la cultura non può essere “ostaggio” di un’inchiesta della magistratura: “Non è stato ancora dimostrato che a Genova siano stati effettivamente esposti dei falsi Modigliani. L’indagine, di per sé, non vuol dire che le opere sono false”.

Se la Fondazione Palazzo Ducale (nominata custode giudiziale delle opere sequestrate) e il curatore della mostra Rudy Chiappini (uno dei tre indagati nell’ambito dell’inchiesta sulle opere false) continuano a dichiararsi parte lesa, la giovane assessora comunale alla Cultura e Marketing territoriale, Elisa Serafini, pare che non sappia cosa fare, né quale consiglio dare al sindaco Bucci. Finora, sulla grana scoppiata al Ducale non ha neanche aperto bocca. Almeno ufficialmente.

Resa al potere giudiziario, anatemi su Bucci e slogan caprini a parte, l’idea di Vittorio Sgarbi di riaprire l’esposizione di Modigliani al Ducale è anche il risultato di un ulteriore ragionamento che lui stesso ha spiegato: “Il clamore mediatico e la storia delle presunte opere false susciterà grande interesse e curiosità fra i potenziali visitatori. Pertanto, se la mostra sarà prorogata di qualche settimana o mese, a Genova si registreranno molti più arrivi e presenze”.

L’opinionista, però, sembra non aver tenuto conto che occorrerà fare i conti con la procura e con il gip. Perché, prima di tutto, serve l’autorizzazione dei magistrati per il dissequestro delle 21 opere – appena sequestrate – ed il relativo provvedimento appare assai difficile da ottenere, soprattutto in tempi brevi.

Comunque, nella remota eventualità di una riapertura della mostra con le 21 opere incluse, il pubblico non sarebbe beffato o vittima del reato di truffa (ipotizzato dal pm) perché a seguito degli interventi di Pepi, Restellini e del nucleo specializzato dei Carabinieri, è stato portato a conoscenza della possibilità di dover pagare per ammirare alcune presunte opere false, che lo stesso Carlo Pepi ha definito “croste manifeste”.

Seguendo il ragionamento del critico d’arte-opinionista, il sindaco Bucci e l’assessora Serafini potrebbero anche decidere di far riaprire la mostra solo con la quarantina di opere superstiti, ossia non sequestrate dal pm, sull’autenticità delle quali nessuno ha mai avanzato dubbi (né Pepi e Restellini, né carabinieri e procura).

In questo secondo caso, però, l’esposizione genovese forse perderebbe quell’appeal mediatico, citato da Sgarbi, tale da far suscitare ulteriore curiosità di “ammirare” proprio quelle 21 opere – vere o false che siano – al centro dell’attenzione di tutti. Non si riuscirebbe quindi ad ottenere il risultato, auspicato dallo stesso Sgarbi, di registrare grandi numeri di pubblico e potrebbe essere un altro flop o l’ennesima figuraccia.

La frittata – non è l’unica sul nostro territorio – è stata fatta prima dell’avvento dell’era Bucci ed a rimetterci ancora per un po’ sarà sempre la povera Genova. Città in declino da anni perché chi l’ha amministrata finora non era senz’altro all’altezza del suo compito e di ciò che la Superba si sarebbe meritata. <strong>FGraf</strong>

AGGIORNAMENTO.

In merito alla situazione di Palazzo Ducale e della mostra di Modigliani, ecco una precisazione dell’assessora comunale Elisa Serafini, che ringraziamo per la nuova informazione non divulgata ai media dagli uffici preposti.

Prendiamo atto che la mostra di Modigliani non riaprirà, come richiesto da Sgarbi alla giunta Bucci.

“Come precisato da comunicazione pubblicata sul sito di Palazzo Ducale, ho chiesto e concordato con la direzione la possibilità di promuovere delle gratuite e libere al palazzo (piano nobile) per tutta la durata del weekend, in modo da compensare i turisti e i visitatori della mostra di Modigliani. Questa iniziativa è quindi condivisa dal mio assessorato e dalla direzione di Palazzo Ducale (visite ieri e oggi dalle 9.30 alle 19.30).
L’iniziativa è stata condivisa con il sindaco.
Ricordo che la chiusura di Palazzo Ducale è stata autorizzata, decisa e gestita in autonomia dal direttore di Palazzo Ducale.
Rimaniamo garantisti e aspettiamo, come sempre, i tre gradi di giudizio per poter commentare quanto accaduto”.

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Capolungo, anche il Comune contro i giudici

Capolungo, anche il Comune contro i giudici
Frana di Capolungo a Genova Nervi (foto d'archivio)

GENOVA. 15 DIC. Capolungo, anche il comune di Genova contro i giudici. Se la Regione aveva già dichiarato il mese scorso di valutare il ricorso contro la sentenza dei giudici per il ripristino della messa in sicurezza della frana di Capolungo, oggi anche il Comune si è schierato contro la decisione del Tribunale di Genova, che è andata incontro alle richieste delle famiglie sfollate, tra le quali proprio quella di un loro collega magistrato. Un fatto fuori dal comune, finora mai successo per le normali famiglie genovesi sfollate per frane e alluvioni. Tant’è che in Liguria ce ne sono altre fuori casa e senza speranza.

“Siamo convinti – ha detto oggi l’assessore comunale Gianni Crivello – che non è nostra competenza intervenire. Di fronte al dramma di chi ha subito dei danni ingentissimi ed è ancora fuori casa, abbiamo la responsabilità di gestire le risorse pubbliche, non possiamo agire senza la certezza sulle competenze ad intervenire”.

L’assessore Crivello ha quindi riferito che l’avvocatura del Comune e la Regione Liguria hanno presentato una istanza di reclamo contro la sentenza del Tribunale di Genova“Rimaniamo in attesa, ma se verrà confermata la sentenza sarà nostro dovere intervenire”.

“Siamo davanti – ha aggiunto Crivello – a interventi significativi: opere di consolidamento, l’esecuzione di una scogliera in massi naturali ai piedi della frana, un intervento da svariati milioni di euro? Ricordiamoci che il Comune è sempre stato estraneo alla manutenzione delle scogliere”.

http://www.ligurianotizie.it/nervi-e-prelo-sfollati-di-serie-a-e-b/2015/11/19/179396/

Violenza sessuale su minorenne, il giudice crede al romeno: libero

Violenza sessuale su minorenne, il giudice crede al romeno: libero
Il Tribunale della Spezia

LA SPEZIA. 18 GIU. E’ rimasto in galera solo un paio di notti. Il romeno 29enne che lunedì scorso aveva accalappiato una studentessa 16enne a La Spezia ed era stato accusato dalla minorenne di violenza sessuale, è libero. Gli investigatori ritengono attendibile la ragazzina, ma ieri l’immigrato è stato rimesso in libertà dal giudice.

Il grave episodio sarebbe successo a la Spezia in un alberghetto del centro città. In sostanza, il romeno avrebbe raccontato al giudice che la minorenne ci stava e l’avrebbe seguito in camera di sua spontanea volontà. Poi la vittima avrebbe avuto una crisi di nervi e sarebbe scappata.

Tuttavia, pure lui si era allontanato e non aveva avvertito dell’accaduto le forze dell’ordine, che lo avevano acchiappato nel giro di 24 ore. Inoltre, i poliziotti avevano trovato la vittima da sola, spaventata, sotto choc e l’avevano accompagnata al pronto soccorso per le necessarie cure del caso.

Il giudice ha convalidato il fermo, ma ha deciso che non ci sarebbe pericolo di reiterazione del reato, né di fuga da parte del presunto stupratore con passaporto straniero. Quindi lo ha rimesso in libertà.

Il romeno, che avrebbe dichiarato di non avere una residenza, né un lavoro stabili, ma di vivere in un roulotte con un amico sul litorale apuano e di lavorare in nero per una ditta edile della zona, ha solo l’obbligo di firma.

Cassazione non sbaglia: assolto clochard che ruba 4 euro per fame

Cassazione non sbaglia: assolto clochard che ruba 4 euro per fame
Furto in un supermercato (immagine di repertorio)

GENOVA. 2 MAG. Se fosse stata una bottiglia di vino, sarebbe stato diverso. Uno straniero senza fissa dimora aveva pagato i grissini, ma aveva rubato il companatico da un supermercato genovese: un wurstel e un paio di fette di formaggio del valore di soli 4 euro.

Il pm aveva chiesto e ottenuto la sua condanna.

Il procuratore generale aveva provato a sparigliare un po’ le carte sui fatti, chiedendo di derubricare il reato in tentato furto e la condanna a cento euro di multa, ma anche in appello il clochard era stato condannato alla reclusione: sei mesi con la condizionale.

I giudici della Suprema Corte di Cassazione, come quelli della Corte d’Appello, oggi hanno riconosciuto che si era trattato di furto e, giustamente, non sono entrati nel merito dei fatti già giudicati dalla Corte territoriale genovese, ma hanno assolto il clochard: rubare per fame non è reato.

Secondo gli Ermellini, il poveraccio aveva rubato, ma aveva anche dimostrato che, viste le sue condizioni e le circostanze, si era impossessato di quel poco cibo, di irrisorio valore, per far fronte ad una immediata e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità. FGraf

 

Luciana Biggi: dieci anni fa l’omicidio, oggi nessun colpevole

Luciana Biggi: dieci anni fa l’omicidio, oggi nessun colpevole
Luciana Biggi (Foto LN)

GENOVA. 27 APR. Una sera come tante nei caruggi, verso la morte. Una giovane donna nel pieno della sua vita, sgozzata senza un perché. Dieci anni fa, il 28 aprile 2006, Luciana Biggi, 33 anni, veniva barbaramente uccisa in vico di San Bernardo da qualcuno.

A distanza di dieci anni, il colpevole non c’è. Forse, non ci sarà mai. All’epoca ci furono alcuni indagati E molti sospettati. Uno in particolare fu prosciolto con la formula prevista dal secondo comma dell’art. 530 del nostro codice penale, che il giudice deve applicare quando la prova manca, è insufficiente o è contraddittoria.

Oggi non voglio parlare di quello perché sono già stati spesi fiumi di parole e, forse, non ne vale la pena.

Vorrei raccontare chi era Luciana Biggi e i fatti successivi al quel terribile, tragico evento, sentiti bruciare sulla pelle insieme alla sorella gemella, che li ha affrontati con esemplare dignità. Roba che, senza mezze parole, ti sconvolge e cambia la vita.

Luciana, Luccy per gli amici, era una ragazza simpatica, generosa ed estroversa, piena d’amore, con tanta voglia di vivere e sempre pronta ad aiutare qualcuno.

Ricordo sempre come l’avevo conosciuta oltre dieci anni fa, lei e la sorella Bruna.

Sono con degli amici, in corso Italia, un venerdì sera. Loro stanno litigando. Due belle ragazze che discutono in pubblico ad alta voce e d’impeto, è bastato dire: “Dai non litigate, la vita è bella!!” per ricevere da Bruna un “vaffa e fatti gli affari tuoi!” e sentirsi dire dalla più dolce Luccy: “Non l’ascoltare…dai…”, presentarsi e ritrovarsi poi a ridere, scherzare e fare colazione tutti insieme alle cinque del mattino.

Gli anni passano con frequentazioni alterne e qualche allontanamento, ma i sentimenti di amicizia restano.

Poi, nella famiglia di Bruna e Luciana viene a mancare dapprima il papà e poi la mamma, una tristezza immensa con le due sorelle che si avvicinano ancora di più. Due fragili gocce d’acqua, che diventano una, risucchiate dalla strada della vita, dove si possono fare brutti incontri.

La notte del 6 gennaio 2006, Luccy arriva nella casa di famiglia. Non è da sola. E’ senza chiavi, non le trova e suona. In casa c’è Bruna, che apre la porta alla sorella e vede per la prima volta il suo nuovo amico. Qualcuno che le resterà vicino fino agli ultimi momenti della sua vita, quello che da molti sarà considerato il suo assassino. Agghiacciante.

I giorni, però, non passano tanto tranquilli.

Il 27 gennaio è il giorno del loro compleanno. Decidiamo di passarlo solo noi tre e di far festa. Prenotiamo un tavolo in un locale in Versilia. Però, all’ultimo momento, Luccy ‘tira il pacco’. L’indomani ammetterà che “qualcuno” le aveva impedito di festeggiare felice con noi.

Comincia così e prosegue nei giorni a seguire, l’isolamento di Luciana. E’ quasi inavvicinabile. Neppure Bruna riesce a vederla e a starle accanto, con la stessa regolarità di prima.

Una mattina mi squilla il telefono. I vigili del fuoco avvertono che l’appartamento della famiglia Biggi è esploso. Il tubo del gas è stato staccato, ma Luciana è salva. Stordita, ma salva. Non era stato ancora il suo momento.

Ogni tanto Luccy chiama, digitando il numero telefonico di nascosto da quel “qualcuno”: “Sai, è gelosissimo, possessivo…”. Improvvisamente, capita che arrivi in ufficio o a casa senza annunciarsi. Forse la storia con quel qualcuno, non andava così bene e si voleva distrarre. Forse cercava aiuto, per qualcosa di molto più drammaticamente e dannatamente serio.

Bruna ha una bimba alla quale badare e nel contempo deve tenere sotto controllo la sorella e il suo nuovo ‘amico’.

Spesso arrivano telefonate dai vicini: “Quelli litigano sempre…pesante…”. La preoccupazione per quella storia sale, ma stupidamente non si pensa mai al peggio. Come per allontanare ed esorcizzare il male. Invece, dietro all’angolo può esserci l’inferno.

Due giorni di silenzio, il terzo proprio dieci anni fa. Al mattino mi sveglio, vado al lavoro e comincio a sbirciare le prime agenzie, i comunicati stampa, accendo la TV, apro le pagine dei quotidiani. Solita routine.

Pochi minuti e arriva la notizia di cronaca nera. Una giovane donna trovata morta nella notte, nel centro storico genovese, sgozzata. Niente documenti addosso. Non si sa chi è, solo “una bionda, probabilmente dell’est, con gli occhi chiari”.

Pubblico la notizia così com’è. Non penso a Luccy. E’ un susseguirsi di lanci di agenzia, di appelli per riconoscerla. Insomma, il caso dell’omicidio e le prime frammentarie notizie. A metà mattinata mi sale dal cuore una strana angoscia perché man mano la descrizione corrisponde alle ragazze che conosco bene.

Chiamo Bruna. Risponde al telefono, sospiro di sollievo: “ciao Bru tutto bene?”. “Si si… tutto a posto”. “Sei a Casa? Luccy è lì con te?”. “No, non c’è, sai com’è fatta, non la sento da un paio di giorni…”. “Ah, ok, dai va bene ci sentiamo più tardi…”. “Ma è successo qualcosa? Sono agitata…”. “No, Bru, nulla nulla, non è successo nulla… stai tranquilla, a dopo”.

Passano due minuti e squilla il telefono. Bruna, è molto agitata: “Lu, ho guardato la tele, ho visto di questa ragazza che hanno trovato, ho l’ansia, ne sai qualcosa?”. “Bru, stai tranquilla ora chiedo, ma vedrai, non c’entra nulla, sicuro”.

La preoccupazione sale e si trasforma in agitazione. Chiamo una fonte investigativa. Mi dice: “Guarda, abbiamo delle indicazioni, potrebbe trattarsi di una giovane dell’est, non credo si tratti di un’italiana. Comunque vieni qui, così ti levi ogni dubbio”.

Non sono in grado di guidare l’auto per l’agitazione. Tremo. Prendo un taxi. Arrivo in commissariato. Mi chiedono la descrizione fisica e le generalità della mia amica. Sono note generiche, ha i capelli castano chiaro, il trucco permanente, i vestiti, un tatuaggio particolare su una spalla. Poi la fatidica domanda: “C’è un’altra cosa di particolare… un altro tatuaggio in un punto….”. Mi viene in mente un sole disegnato su una caviglia. “Dobbiamo verbalizzare in questura” e l’inferno mi si apre sotto i piedi.

Con una pattuglia andiamo a recuperare Bruna. Gli investigatori la vedono e strabuzzano gli occhi: è uguale all’altra, trovata poche ore prima sgozzata nei caruggi. Pensavano si trattasse di una sorella, non di una gemella. Urla di dolore, pianti e gambe che non ti sostengono più al centro medico legale del San Martino. Il cuore a pezzi.

Ma non c’è tempo da perdere. L’assassino è ancora in giro. In questura comincia la serie di domande, anche intime. Addirittura, vengono fatte alcune illazioni su Luccy, che poi verranno definitivamente smentite a livello medico.

La giornata è cupa, c’è pure il cielo coperto.

Usciamo dalla questura con Bruna. Abbiamo risposto alle domande per oltre un’ora. C’è la necessità di camminare, ma è difficile allontanarsi da quel luogo. Ci separiamo un attimo. Io da una parte e lei dall’altra. Abbiamo voglia di pensare.

Poi la richiesta da parte di Bruna: “Questa sera voglio andare nei caruggi, voglio incrociare lo sguardo di qualcuno che mi prende per mia sorella. Magari lo riconosco come l’assassino”. “Ok”. Si parte a stomaco vuoto.

Giriamo per i vicoli del centro storico. Poco dopo, abbiamo la sensazione di essere seguiti e lo siamo davvero. Notiamo che abbiamo degli angeli custodi. Sono gli investigatori della sezione Omicidi che ci seguono. Li salutiamo e spieghiamo la nostra idea.

Bruna vuole andare sul luogo dell’omicidio, vico di San Bernardo, tra il bar Moretti e salita di Mascherona. Ci sono ancora tracce di sangue, mi guarda e all’improvviso esclama: “Voglio vedere cosa ha visto mia sorella prima di morire…” e si stende per terra nel vicolo. E’ un’immagine forte, terribile, indelebile.

Ancora più terribile l’indifferenza di alcune persone presenti e quella di un gruppo di un comitato spontaneo, che manifestano per la sicurezza e anche per Luciana, ma non riconoscono neppure la sorella gemella.

Giunge il tempo per il funerale. E’ il terzo per la stessa famiglia, sempre nella chiesa di Bolzaneto. C’è mezzo quartiere. La chiesa è stracolma. Manca l’aria. In mente solo i bei momenti passati con Luccy. Insieme agli altri mi isso la bara sulle spalle. Poi l’ultimo saluto al cimitero della Biacca.

Le indagini proseguono. Vengono ascoltati tanti indiziati, extracomunitari ed italiani.

Alcune delle possibili prove, ossia eventuali tracce lasciate dall’assassino sul luogo del delitto, sono contaminate dal necessario intervento dei volontari del soccorso, ma anche da altri. L’arma del delitto, un coccio di bottiglia, non si trova.

Eccezionale un video (non più visibile al pubblico ma agli atti dell’indagine) del blog del settimanale Panorana. Compaiono i momenti successivi all’omicidio con i mezzi di soccorso. Qualcuno, inavvertitamente, calpesta anche il sangue.

Alcune telecamere del Comune, poste all’incrocio di salita di Mascherona e via di San Bernardo, tuttavia risultano non funzionanti ed altre immagini vengono fornite da telecamere più lontane.

Gli investigatori focalizzano gli sforzi su l’ultima persona rimasta, quella che ammette di aver visto Luccy fino a poco prima della sua morte. In questura vengono appese al muro tre foto dell’indagato, con la scritta “X files”.

L’ ultimo, unico indiziato, viene prima arrestato. Poi liberato, preso l’anno dopo con il coltello in mano a Sanremo e condannato. Ma questa è l’altra storia. Per Luccy non è stata fatta giustizia.

Rimangono solo le parole del pm Enrico Zucca davanti alla giuria popolare: “Liberatevi dal pregiudizio. L’imputato che siede davanti a voi è un assassino, già condannato per un altro omicidio ma il pm, in quest’aula, deve dimostrare con le prove le sue responsabilità…”.

Dopo l’assoluzione dell’imputato, fuori dall’aula, lo stesso pm che mi prende le mani: “Ho fatto il possibile”. L.B.

(nella prima foto: l’ultima immagine di Luciana Biggi ripresa durante l’inaugurazione di un noto negozio di arredamenti nel centro di Genova; nella seconda: le due sorelle Bruna e Luciana Biggi in un momento felice).

Iplom: recuperati 4 milioni di litri di emulsione oleosa dal Polcevera

Iplom: recuperati 4 milioni di litri di emulsione oleosa dal Polcevera
Iplom: recuperati 4 milioni di litri di emulsione oleosa dal Polcevera

GENOVA. 27 APR. Iplom ha confermato la stima di 500 metri cubi di petrolio greggio, che è finito nel Polcevera dopo lo scoppio della tubatura “dell’oleorotto” a Fegino l’altra domenica.  Inoltre, ha precisato che a tale valore, essendo in corso al momento dell’evento lo sbarco del fondo delle cisterne della frazione del carico dove si concentra in maggior misura l’acqua presente nel grezzo, devono aggiungersi 200-250 metri cubi di frazione acquosa.

La stima del prodotto petrolifero fino a ieri recuperato risulta: 4050 metri cubi emulsioni oleose (ossia oltre 4 milioni di litri), 255 metri cubi di  terreno superficiale contaminato, 8 metri cubi di materiale vegetale, 40 metri cubi di materiale assorbente (panne, fogli assorbenti, ecc.).

“Applicando i fattori di stima del contenuto idrocarburico forniti dai centri di raccolta e derivanti dall’esperienza operativa, si valuta un quantitativo recuperato dell’ordine dei 490-495 metri cubi, ovvero dello stesso ordine di grandezza del rilascio, a conferma della conclusione  della prima fase post emergenziale”.

Iplom ieri ha presentato anche in procura il “piano operativo di intervento per il recupero degli elementi probanti indispensabili per le attività di indagine, nell’ambito del quale verranno valutate la opportunità e la realizzazione di tutti quegli interventi utili all’avanzamento della messa in sicurezza, compatibili con le esigenza di mantenimento dei luoghi”.