Più di 300 milioni di euro all’anno di oneri aggiuntivi che ricadranno nelle casse dell’autotrasporto. Questa, secondo Trasportounito, è la prima stima del conto che il rincaro dei pedaggi autostradali, recentemente autorizzato dal Governo Gentiloni, ha presentato alle imprese di autotrasporto.
Per le imprese che, dopo anni e anni di crisi, viaggiano sulla lama del rasoio della sopravvivenza, questo nuovo colpo, sommato al recente rincaro nei costi di energia e carburante, è tale da provocare una nuova epidemia di crack finanziari. «Drammaticamente si perpetua – afferma Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito – una distorsione di mercato che favorisce le rendite di posizione dei concessionari autostradali,
non a caso puntualmente in testa alle classifiche dei benestanti italiani, a discapito di chi la rete autostradale, regalata ai concessionari, si trova costretto a utilizzare.Puntualmente, con il rincaro dei pedaggi – spiega Longo – si rinnova un modello di rapporto Stato-concessionari privo di trasparenza:
gli aumenti sono basati su parametri i cui valori sono discrezionali; le premialità riconosciute sugli investimenti sull’infrastruttura appaiono grottesche in quanto dovrebbe essere già prevista la remunerazione sul capitale investito; le 27 concessionarie scaricano sul mercato il rischio di impresa spalmandolo fra lavori in house, rinnovi di concessioni senza gara, costanti contributi pubblici, defiscalizzazioni e garanzie.
Anche quest’anno il rincaro medio del 2,74% – conclude Longo – non segue la logica dell’inflazione (1,2%) né, tantomeno, procedure contrattuali standardizzate, poiché i contenuti delle concessioni restano inspiegabilmente secretati e quindi possiamo immaginare trattative bilaterali e rapporti di forza con tutte le spese e i rischi a carico del contribuente e dell’utente finale». ABov