“Le condotte di dissimulazione e falsità” da parte della vecchia dirigenza di Autostrade per l’Italia “erano destinate anche a mantenere il ministero delle Infrastrutture nell’ignoranza circa lo stato effettivo del patrimonio autostradale”.
Lo hanno scritto oggi i giudici genovesi del Tribunale del Riesame nelle motivazioni con cui hanno revocato gli arresti domiciliari all’ex direttore delle Operazioni centrali di Aspi Paolo Berti, disponendo l’interdittiva per 12 mesi, riguardo al caso delle barriere fonoassorbenti.
“E’ eclatante – hanno sottolineato i giudici – la connessione qualificata tra tutte le indagini (dal crollo del Ponte Morandi ai falsi report sui viadotti passando per le barriere e la manutenzione delle gallerie oltre alla tentata truffa) tutte riguardanti omessi e lacunosi controlli, con le correlate manutenzioni sulle strutture autostradali al fine di risparmio sulle spese e di aumento degli utili da distribuire, con ovvio riconoscimento di rilevanti incentivi economici ai dirigenti che li permettevano. Il tutto in totale spregio della sicurezza degli utenti delle autostrade”.
Per il Ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018 con 43 vittime, secondi i giudici genovesi vennero redatti falsi report sulle “ispezioni, sulla valutazione di sicurezza richiesta dall’ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri e sulle verifiche di sicurezza antisismiche. In più è stato artatamente inquadrato come intervento locale il progetto di retrofitting (il rinforzo delle pile 9, quella caduta, e la 10) con elusione dei controlli e avallando affermazioni inveritiere”.
Riguardo alle barriere fonoassorbenti, secondo i giudici Paolo Berti “era consapevole dell’inadeguatezza e pericolosità delle barriere fono assorbenti” ma non intervenne.
In sintesi, Berti seguì “la linea dell’azienda” ovvero quella del massimo risparmio sulle manutenzioni per distribuire più profitti tra i soci.
“Un’articolata condotta costellata di sapienti silenzi e inganni espliciti mantenendo nel tempo la pericolosità della circolazione. A lui, però, spettava di fermare le cose”.