Per sostenere famiglie in difficoltà, anziani, bambini, disabili e le fasce più disagiate scende in campo la prima rete nazionale delle fattorie sociali di Coldiretti
Offrire nuovi servizi nelle campagne dove, all’aria aperta, è più facile il rispetto del distanziamento e minori i rischi di contagio, anche in questa delicata fase. Dai centri estivi rurali al rinserimento lavorativo, dai progetti di orto terapia alla pet therapy, sempre di più sono le imprese che, anche in Liguria, stanno sviluppando modelli socioeconomici che rispondono alle nuove esigenze sociali attraverso progetti imprenditoriali dedicati esplicitamente ai soggetti più vulnerabili.
E’ come commenta Coldiretti Liguria il primo rapporto di Coldiretti dedicato a “La vera agricoltura sociale fa bene all’Italia” presentato oggi a Palazzo Rospigliosi (Roma) alla presenza del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini e del ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova. Lungo tutta la Penisola sono circa 9mila le fattorie impegnate nel sociale, con un aumento di 7 volte dal 2013, in grado di offrire oggi un valore di servizi sanitari ed educativi che ha raggiunto il miliardo di euro secondo le stime della Coldiretti.
Nell’ultimo anno oltre 40mila famiglie, a livello nazionale, hanno usufruito dei servizi nati grazie all’impegno sociale degli agricoltori con azioni di aiuto e sostegno a disabili motori e cognitivi, a persone con autismo, a detenuti ed ex detenuti, a minori disagiati o con difficoltà di apprendimento, a donne vittime di abusi, ad anziani, a persone con problemi relazionali oppure con dipendenze fino ai disoccupati e agli stranieri.
“Oggi produrre in agricoltura – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa – non vuol dire soltanto portare le eccellenze Made in Liguria sulle tavole, ma rispondere a precise necessità della società in diversi ambiti.
Il welfare “verde”, che rappresenta oggi la punta più avanzata della svolta multifunzionale che ha rivoluzionato l’agricoltura, nasce dall’innesto dei percorsi di riabilitazione e di reinserimento sociale grazie ad attività agricole tradizionali come la coltivazioni, l’allevamento, l’agriturismo, le fattorie didattiche e anche le vendite dirette, e tutto questo può essere una risposta anche in un periodo come quello che stiamo vivendo dove, i gravissimi danni che l’emergenza sanitaria ha inferto al tessuto sociale, possono aggravare le situazioni e generare tensioni.
Proprio attraverso le nostre aziende agricole, si possono fornire opportunità e servizi alle fasce più deboli arrivando, in alcuni casi, a permettere persino l’inserimento lavorativo.
Le comunità rurali sono da sempre aperte all’inclusione: la vita in campagna è idonea a garantire contesti più naturali ed accoglienti, ricchi di stimoli per dare alle fasce a rischio di emarginazione le migliori possibilità di crescita e di integrazione.Nei prodotti e nei servizi offerti dall’agricoltura non c’è solo quindi valore intrinseco, ma anche un bene per la collettività fatto di tutela ambientale, di difesa della salute, di qualità della vita e di valorizzazione della persona”.