Recco, processionaria del pino, il sindaco dispone la distruzione dei nidi. Ordinanza firmata anche per obbligare i privati alla derattizzazione.
Il sindaco di Recco Carlo Gandolfo ha emesso un’ordinanza per il contenimento della popolazione della processionaria del pino e a salvaguardia della salute pubblica. Si legge nel documento firmato dal primo cittadino, e indirizzato ai privati, che i nidi di processionaria e i rami infestati devono essere raccolti e distrutti con il fuoco, rivolgendosi a ditte specializzate.
Le spese per gli interventi sono a totale carico dei proprietari delle aree verdi ed è vietato conferire i nidi nei cassonetti dei rifiuti. Questi sono gli ultimi giorni per intervenire sulle larve che, dal prossimo mese, scenderanno sul terreno per trasformarsi in farfalla.
Tutti i titolari di immobili a maggiore rischio di infestazione da parte dei topi dovranno mantenere monitorati i locali e le aree di loro pertinenza ed, eventualmente, intensificare gli interventi di derattizzazione.
L’ordinanza in materia, dispone che entro un anno dalla data 2 marzo si provveda ad “almeno tre trattamenti ad intervalli non inferiori a giorni 120 l’uno dall’altro, alla derattizzazione dei luoghi e degli spazi che, di norma, sono ricetto dei ratti”. Le disposizioni riguardano nello specifico i proprietari di beni immobili pubblici e privati, gli amministratori di condominio, i proprietari, titolari o gestori di attività della filiera alimentare.
I privati devono dimostrare “l’avvenuta derattizzazione o mediante l’attestazione di una ditta specializzata nel settore o, in caso di derattizzazione effettuata direttamente, mediante dichiarazione debitamente sottoscritta”, presentata in Comune entro 15 giorni dall’operazione compiuta.
«L’impegno della nostra amministrazione per contrastare questi fenomeni è massimo – commenta il sindaco Carlo Gandolfo – queste disposizioni sono necessarie e importanti per preservare la salute pubblica ma senza la collaborazione dei cittadini, che devono attenersi alle indicazioni contenute nelle nostre ordinanze, corriamo il rischio di vanificare un lavoro utile per la comunità». ABov