Questa mattina si è svolta, nell’aula del consiglio regionale, la seduta solenne per celebrare il 79° anniversario della Liberazione.
Subito dopo l’apertura, su invito del presidente Gianmarco Medusei (Lega), l’Assemblea legislativa della Liguria ha osservato un minuto di silenzio per ricordare i caduti civili e militari della guerra di Liberazione.
Nella seconda parte della seduta Guido Levi, professore di Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Genova e direttore della rivista “Storia e memoria” dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea, ha tenuto l’orazione ufficiale.
Alla cerimonia hanno assistito le massime autorità civili, militari e religiose della Liguria.
Il presidente del Consiglio regionale ha dichiarato: “Siamo qui uniti per celebrare la seduta solenne, per dare il giusto e doveroso risalto ad una giornata fondamentale nella storia del nostro Paese, il primo passo che ha condotto l’Italia a quel percorso istituzionale che l’ha trasformata in una Repubblica democratica, fondata sui principi della Costituzione che ancora oggi, saldamente, ci protegge e ci innalza al ruolo di nazione moderna e libera.
Sono onorato di essere seduto in quest’aula nella qualità di presidente dell’Assemblea legislativa, perché proprio in luoghi come questo tutti quei solenni principi sono vissuti appieno: nel confronto politico aperto, nel rispetto dell’avversario che ha un’idea contrapposta, nel reciproco interesse a fare quanto possibile per governare al meglio tutti coloro che hanno scelto i propri rappresentanti, qualunque sia la bandiera, lo stemma, il colore, l’ideale.
È un dovere ribadire, anche quest’anno, che questi valori sono parte integrante dei lavori di quest’assemblea, come sancisce la Legge regionale n.9 del 16 aprile 2004 il ‘Testo Unico degli interventi regionali per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana’, che sottolinea come ogni attività istituzionale espressa in quest’aula sia ispirata e realizzata nel fondamento della guerra di liberazione dal nazifascismo, contro ogni forma di dittatura e di oppressione.
Il 25 Aprile è la giornata di tutti e non di una sola parte, dei cittadini e dei loro rappresentanti, della società civile: non può e non deve esserci divisione in questa celebrazione.
L’Italia del 2024 è un Paese che, dopo quasi ottant’anni, nonostante le difficoltà dovute alle continue sfide che si presentano ogni giorno, le tensioni internazionali, le mutazioni dell’economia mondiale e dei mercati globali, continua ancora a godere di un’eredità preziosa e da proteggere, costruita da chi ha saputo voltare pagina, ricostruendo una Nazione dalle macerie, per farla camminare sulle proprie gambe seguendo la strada della Democrazia e dei Principi Fondamentali della Costituzione”.
Il professor Guido Levi ha sviluppato una ricostruzione delle vicende della Resistenza a Genova.
“Il 25 aprile rappresenta – ha spiegato il prof. Levi – tante cose insieme: la fine dell’occupazione tedesca, la liberazione dal fascismo dopo 20 anni di dittatura, la vittoria della Resistenza con il contributo fondamentale degli Alleati, un momento di protagonismo popolare forse unico nella storia italiana, la pace dopo 5 anni di una guerra spietata e sanguinosa, l’inizio dell’avventura della nuova Italia democratica i cui valori sarebbero stati scolpiti di lì a breve nelle pagine della Costituzione italiana, la speranza di un futuro migliore.
Genova e la Liguria furono protagoniste assolute di questa vicenda, si trattò di un evento preparato da tempo, dato che per la prima volta si iniziò a discutere di piani per la liberazione nell’estate del 1944. Gli ordini venivano dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Il momento sembrava propizio, in virtù dell’avanzata degli Alleati lungo la penisola, della liberazione di Roma avvenuta a giugno e soprattutto della liberazione di Firenze in quel momento in corso.
Nel giro di poche settimane lo scenario tuttavia sarebbe cambiato e il momento della Liberazione si allontanò nuovamente e fu solo con l’anno nuovo che i piani insurrezionali furono predisposti.
Il nodo più problematico era rappresentato dal rapporto con gli Alleati, in quanto era evidente la volontà di subordinare agli Alleati le forze partigiane. Chi stava combattendo da mesi e aveva pagato un enorme tributo di sangue alla causa non poteva tuttavia accettare queste condizioni, ma venne comunque trovato un accordo.
L’insurrezione scoppiò in anticipo, la sera del 23 aprile, su iniziativa delle Sap del Ponente cittadino, ansiose di scongiurare la ritirata tedesca iniziata nel corso della mattinata e dal ponente le operazioni militari si estero al centro, dove si mossero per primi i gruppi addetti al sabotaggio delle mine tedesche dislocate nel porto.
La mattina del 24 aprile l’insurrezione divampò con le Sap protagoniste nei vari quartieri della città, e tanti cittadini comuni che impugnarono per la prima volta le armi per portare un loro contributo alla liberazione della città e i piani insurrezionali predisposti con tanta cura dai comandi si modificarono sotto l’incalzare degli eventi.
L’atto di resa, avvenuto nel pomeriggio del 25 aprile, era un risultato eccezionale. Un caso unico in Europa di un Corpo d’armata tedesco che si arrendeva alle forze partigiane.
La liberazione delle città fu, dunque, insomma, frutto di un’azione coordinata di partigiani a alleati, e la Resistenza non fu neppure solo un fenomeno italiano bensì europeo, poiché in tutti, e ribadisco proprio in tutti, i territori occupati dalle truppe nazifasciste si verificarono forme di resistenza in nome di quei valori di libertà e di democrazia che erano stati calpestati, o in nome di un rinato spirito nazionale che proprio nella temperie della guerra si era affrancato dalla retorica patriottarda del fascismo.
Nella Resistenza furono gettate le fondamenta della nuova Italia democratica, i cui principi e valori furono nell’immediato dopoguerra magnificamente tradotti nel linguaggio giuridico della nostra Costituzione.
Non si deve tuttavia dimenticare che la Resistenza era erede dell’antifascismo ed è stata anche un evento che ha avvicinato e affratellato i popoli del vecchio continente nella lotta contro un comune nemico, chiudendo di fatto quel ciclo terribile della guerra civile europea iniziato con la Prima guerra mondiale e proseguito poi con la pace punitiva di Versailles.
Molti storici indicano nelle vicende della Resistenza europea le radici di quel processo d’integrazione continentale che ufficialmente viene fatto iniziare con la Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 o, l’anno successivo, con la firma del trattato istitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio da parte dei rappresentanti di Francia, Germania, Italia e dei tre Paesi del Benelux. A spingere in questa direzione era soprattutto un anelito di pace dopo la tragedia di due guerre mondiali. Era necessario modificare l’ordine internazionale per evitare che simili tragedie potessero ripetersi.
Di qui l’importanza dell’articolo 11 della Costituzione italiana che da un lato ‘ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli’ e dall’altro ‘consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni’.
Dalle vicende della Liberazione ricaviamo una grande eredità politica e morale, per l’Italia così come per l’Europa, che ci porta a riflettere sul significato della libertà, della democrazia, della giustizia, sulla necessità di preservare, e se possibile rafforzare, valori e principi che rappresentano le più alte conquiste della nostra”.