“Le contestazioni erano abbastanza pesanti, non tanto nei numeri ma nella durezza. Ne parlai con il presidente Enrico Preziosi, il quale mi disse che le contestazioni sarebbero finite non appena sarebbero arrivati i risultati. Con un clima così è ovvio che cerchi una soluzione. E la soluzione fu che andai ad allenare l’Atalanta, ma non venni esonerato”.
Lo ha spiegato stamane in Tribunale a Genova l’ex allenatore del Genoa Gian Piero Gasperini, oggi all’Atalanta, nel corso del processo a 15 ultrà genoani per i ricatti alla società.
L’indagine ha riguardato presunte estorsioni nei confronti della vecchia proprietà del Genoa, quando era presidente Enrico Preziosi.
“Allenai fino all’ultimo – ha aggiunto Gasperini – dopo il derby un gruppo di tifosi venne a Pegli ma la società, credo il team manager, mi disse che volevano vedere solo la squadra, non me”.
Stamane in Tribunale è stato sentito l’ex giocatore Dario Dainelli: “Mi ricordo di una delegazione che venne dentro la società. Non mi ricordo cosa ci dissero, volevano più impegno dalla squadra. Non ho subito atti di violenza. Ma me ne andai via perché non mi sentivo più apprezzato”.
In un momento di pausa lo storico capo ultrà Massimo Leopizzi, imputato, ha lasciato l’aula del Tribunale dicendo “è un processo per quattro striscioni e sembra che processino Totò Riina”.
In realtà, a processo ci sono 15 ultrà del Genoa indagati nell’ambito dell’inchiesta sulle estorsioni alla società calcistica dal 2010 al 2017. L’indagine aveva portato in carcere Massimo Leopizzi, Artur Marashi e Fabrizio Fileni, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e violenza privata per avere estorto al Genoa circa 327mila euro.