Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani in occasione del 77° anniversario dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine
L’Eccidio del 24 marzo del 1944, per la sua efferatezza e l’alto numero di vittime divenne subito, per il Nostro Paese, il martirio-simbolo della spietatezza dell’occupazione nazista a Roma.
Il massacro delle Fosse Ardeatine, che prende il nome dalle antiche cave situate nei pressi della via Ardeatina, fu l’uccisione di 335 civili e militari italiani trucidati a Roma il 24 marzo del 1944 dalle truppe dell’occupazione nazista come rappresaglia per l’attentato compiuto dai partigiani, in via Rasella, in cui erano morti 33 soldati addestrati del Battaglione di gendarmeria “Bozen”, polizia tedesca.
Subito dopo l’attentato degli uomini della Resistenza italiana, il comandante tedesco a Roma, generale Maeltzer, dette immediatamente incarico al tenente colonnello Kappler di occuparsi della rappresaglia punitiva. Fu deciso che il numero delle persone da fucilare, entro 24 ore, dovesse essere di dieci esecuzioni per ogni tedesco rimasto vittima dell’attentato.
Non bastò la lista predisposta dalla polizia tedesca. La polizia fascista italiana, dietro richiesta, fornì un’ulteriore lista per raggiungere il numero finale di 320 persone da trucidare.
La fucilazione ebbe luogo a partire dal pomeriggio fino alla sera del 24 marzo 1944. L’arrivo continuo degli autocarri scandiva il tempo di quella morte maligna e inesorabile.
Fu un vero e proprio assetto da guerra pianificato crudelmente individuando, con precisione teutonica, nelle labirintiche cave il luogo più adatto per l’esecuzione capitale.
Furono necessari 67 turni per completare le operazioni punitive che consistevano nel trascinare gruppi di cinque persone nella cave appena illuminate dalle torce dei carnefici assetati di sangue. Alle innocenti vittime veniva urlato di inginocchiarsi e non muoversi, questo per permettere ai nazisti di sprecare un solo colpo per ogni uomo. In realtà, dai processi, emerse che la stessa vittima fu sparata ripetutamente fino a mutilarla e ridurla in brandelli.
Con questo macabro rituale, eliminazione sistematica fu compiuta, ma Kappler non era soddisfatto e così decise di far aumentare la lista con altre persone, perché nell’azione finale di rastrellamento, queste ultime, “avevano visto tutto”. Andavano, quindi, eliminate ed occultate nelle cave insieme agli altri.
Roma, città aperta dal 14 agosto del 1943, capitale di un Paese vittima del peggior progetto militare liberticida, pianse tutto il sangue dei suoi figli. Un altro crimine contro l’umanità fu compiuto.
“La messa in pratica dell’esecuzione può soltanto essere definita bestiale per l’efferatezza e la furia vendicativa”, così affermò lo storico tedesco Gerhard Shreiber.”
I processi, dopo la Liberazione, giudicarono illegittimo il ricorso alla rappresaglia “per l’enorme sproporzione fra le conseguenze dell’attentato ed il numero delle vittime, in assenza di necessità bellica o di giustificato motivo”. Gli ergastoli che seguirono dei gerarchi nazisti non cancellarono un crimine così spietato e disumano.
Si dice che il tempo lenisca le ferite ed aiuti ad addomesticare i dolori. Ma non è sempre così.
Il tempo non lenisce ferite storiche di così immensa portata e non insegna ad addomesticare certi dolori così profondamente radicati nella fibra di un Paese.
Sono passati 77 anni e il massacro delle Fosse Ardeatine, frutto velenoso dell’odio razziale, rimane sempre una delle giornate più buie dell’Italia, una mattanza della peggior guerra medioevale che strappa, sporca e offende la storia del Novecento. E non fu l’unica pagina nefasta.
Il CNDDU alla vigilia di una giornata così sentita dal Nostro Paese, invita tutti, in particolar modo i docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, a rispettare l’appuntamento con la storia e a far vivere le 335 vittime le quali hanno lottato per la libertà che a noi è giunta come un dono preziosissimo.
Avvocato, professore di filosofia, pittore, architetto, autista, maggiore dell’esercito, macellaio, stagnino, contadina, banchista, commerciante, impiegata, manovale, venditore ambulante, carabiniere, ferroviere, casalinga.
Sono solo alcune delle vittime innocenti dell’eccidio. Se scorriamo l’elenco dei loro nomi, la distanza con la storia si cancella e, allora, sembra davvero di vederla Teresa Gullace, la popolana uccisa a sangue freddo a viale Giulio Cesare, da un nazista appartenente al Bozen, rievocata da Anna Magnani in “Roma città aperta” di Roberto Rossellini.
Il 24 marzo invitiamo tutti i docenti della scuola italiana, a ricordare ai propri studenti l’Eccidio delle Fosse Ardeatine, e ad aderire alla Fiaccolata virtuale della Memoria per le vittime delle Fosse ardeatine che consiste nell’esporre sui canali social e sulle schermate delle aule virtuali una lanterna che laceri con la sua luce il buio della notte, che dilani le tenebre dell’odio razziale e che splenda della luce pura della giustizia.
Solo la memoria collettiva può aiutarci a fare la pace con il nostro passato. Solo un’esperienza vissuta dalla comunità con partecipazione, rispetto e empatia nei confronti delle vittime delle grandi ingiustizie del passato e del presente ci permetterà di liberarci dai fardelli che ancora ci portiamo dietro.
La scuola può fare tanto, in questo, perché rappresenta la più autentica e spontanea forma di conservazione della Memoria storica. Illuminiamo il cielo di lanterne il 24 marzo. Lanterne vere o virtuali, ma nutrite in egual misura dei più importanti valori civili che danno senso alla nostra vita.
FONTE: Prof.ssa Rosa Manco