“Le difese degli imputati rappresentano che le dichiarazioni di Gianni Mion sono risultate del tutto prive di riferimenti oggettivi e riscontrabili e rese da una persona che all’esito dell’esame si è dimostrata inattendibile”.
E’ la versione riferita oggi dagli avvocati difensori degli imputati coinvolti nel maxi processo per il tragico crollo del Ponte Morandi, con 43 morti, che avvenne quel maledetto 14 agosto 2018 a Genova.
L’uomo dei Benetton, il 79enne Gianni Mion, ex amministratore delegato della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante Atlantia, ieri in Tribunale a Genova aveva sostanzialmente dichiarato che lui, Gilberto Benetton e altri sapevano del rischio crollo del Ponte Morandi dal 2010.
Morandi, l’uomo dei Benetton: con Gilberto sapevamo del rischio crollo dal 2010
“Per certo vi è che il signor Gianni Mion – hanno aggiunto i difensori degli imputati – della riunione ‘memorabile’ non ricordava il giorno, il mese, l’anno, la stagione e neppure i partecipanti di quella riunione e, ad espressa domanda della difesa, ha smentito la consapevolezza di qualsiasi rischio di crollo.
Anzi, ha confermato che gli uffici tecnici preposti avevano garantito la sicurezza della infrastruttura.
Del resto, nell’esame odierno una figura apicale di Aspi quale l’ing. Gennarino Tozzi ha escluso che nel corso delle cosiddette ‘induction’ e in particolare nella riunione di settembre 2010 siano mai emersi ‘difetti di progettazione’ o rischi di alcun genere riferiti al ponte Morandi.
Infine, è ampiamente emerso a dibattimento come nessuno abbia potuto riferire a Mion di una ‘autocertificazione’. Infatti la sorveglianza sul Ponte Morandi avveniva sia attraverso Spea sia attraverso altre società terze ed esperti qualificati che nel corso degli anni si sono avvicendati”.