Nell’agosto 2011 erano tempestivamente intervenuti su richiesta degli abitanti spaventati e avevano arrestato cinque ecuadoriani per rissa nella zona di piazza Petrella a Certosa.
Se i cittadini genovesi, che non ne potevano più del degrado e dell’ennesimo episodio di violenza per strada, avevano ringraziato i carabinieri per il loro provvidenziale intervento, la procura di Genova li aveva denunciati per arresto illegale, calunnia, falso ideologico e falsa testimonianza.
Il gup e i giudici del Tribunale avevano assolto i tutori della legge e dell’ordine per insussistenza dei fatti, ma la procura genovese e le parti civili dei sudamericani avevano presentato ricorso.
In Appello a Genova i carabinieri motociclisti del Radiomobile erano stati quindi condannati a 4 anni di reclusione ciascuno.
I legali difensori avevano presentato ricorso e nel maggio 2018 i giudici della Corte di Cassazione a Roma avevano annullato la condanna con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.
Cassazione annulla condanna carabinieri che arrestarono ecuadoriani violenti: fecero bene
Nel giugno 2019, dichiarando la prescrizione dei presunti reati di arresto illegale, calunnia e falso ideologico, i nuovi giudici della Corte di Appello di Genova li avevano condannati a 2 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno per falsa testimonianza aggravata, commessa nel corso del processo a carico dei cinque immigrati.
Ieri gli ermellini della Prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibili i ricorsi della difesa dei carabinieri motociclisti (il vice brigadiere Francesco Gagliardi e l’appuntato scelto Enrico Piro) contro la sentenza del giugno 2019, anche se il procuratore generale presso la Cassazione aveva chiesto l’annullamento della sentenza senza rinvio, ossia la conferma della sentenza di assoluzione del primo grado.
Inoltre, i giudici di Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Ministero della Difesa, che era stato condannato, in solido con gli imputati, al risarcimento del danno subìto dai cinque sudamericani, quale responsabile civile per il fatto commesso dai militari dipendenti.