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Rissa tra africani nel carcere di Sanremo, la rabbia del Sappe

Carcere di Sanremo, l’Uspp risponde al Senatore Berrino
Carcere Valle Armea a Sanremo (foto di repertorio)

Ieri pomeriggio nuovo evento critico nel carcere di Sanremo dove, come riportato dai responsabili del sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe Liguria, gli occupanti di tre celle, circa10 detenuti africani, per motivi ancora sconosciuti hanno scatenato una rissa tra di loro usando tutto ciò che poteva essere utilizzata come arma.

Gli agenti della Penitenziaria sono riusciti a dividere le opposte fazioni e a rinchiuderli nelle rispettive celle, evitando che la situazione degenerasse ulteriormente e, quindi, senza gravi conseguenze per nessuno.

“Ora auspichiamo – hanno dichiarato i responsabili del Sappe Liguria – che la direzione del carcere intervenga applicando il procedimento disciplinare e penale.

Ad aumentare il rischio di criticità a Sanremo, 270 detenuti invece dei 230 previsti, c’è infatti anche la possibilità offerta ai detenuti di vivere con le celle aperte, quindi liberi di circolare all’interno del loro reparto.

In questo modo, si amplifica il pericolo che viene originato da una popolazione detenuta particolarmente esagitata.

Oltretutto poco può fare la Polizia penitenziaria con le poche unità in servizio che ce la mettono tutta per garantire la sicurezza ed incolumità.

E’ bene ricordare che gli agenti non hanno in dotazione strumenti per sedare situazioni simili.

Sicuramente la pistola Taser sarebbe servita. Perché il solo sapere che tale dispositivo è nelle disponibilità degli agenti, già sarebbe un elemento di persuasione per i detenuti.

E’ indiscutibile l’escalation negativa quanto pericolosa della gestione delle carceri liguri, ormai contraddistinti giornalmente da eventi critici come aggressione al personale, risse, autolesionismi e altro, portati a compimento da una popolazione detenuta sempre più predisposta al rigetto delle regole penitenziarie.

Quindi cosa si aspetta a rivedere il sistema penitenziario?

Serve una rivisitazione che consenta in primis la possibilità ai detenuti stranieri (circa il 30%) di scontare la pena nei loro Paesi d’origine, oltre a non detenere in carcere soggetti altamente psichiatrici che poco o nulla assimilano del processo rieducativo collegato alla detenzione.

L’umanità della pena non è certamente quella attuale, anche se oggi è garantita dalla serietà e professionalità degli agenti.

Per questo, è necessario un potenziamento dell’organico e con la dotazione di strumenti tecnologici. Senza la Polizia Penitenziaria il pianeta carcere crollerebbe”.