No alla guerra, sì alla pace. Schiena dritta a destra. Contro l’invio delle armi al regime di Kiev il comitato “Fermare la guerra” di Gianni Alemanno (ex FdI) e l’associazione “Magnitudo – Movimento Identitario” ieri hanno annunciato di avere avviato una raccolta di firme, a livello nazionale, per indire un referendum.
Forti del fatto che, secondo molti sondaggi, ben oltre il 50% degli italiani non è affatto d’accordo con i decreti legge emanati dal Governo Draghi e confermati dal Governo Meloni.
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Un deciso stop al sostegno militare di neonazisti e nazionalisti di Zelensky, che anche attaccando il Donbass autonomo hanno provocato la reazione della Federazione russa.
Una posizione del tutto diversa rispetto a quella succube agli Usa di Biden e filo-atlantista pro Zelensky, che nella UE ha registrato divergenze nella maggioranza dei popoli dei vari Paesi europei e, sopra a tutti, nel Governo ungherese del saggio Viktor Orbàn.
Il Governo italiano, invece, si è sempre dichiarato ufficialmente filo-americano seguendo la posizione di Biden e rinnegando quella di Trump (contrario al sostegno militare al regime di Kiev e favorevole a concrete negoziazioni di pace).
Se FdI con il suo presidente del Consiglio ha confermato la linea Draghi, gli alleati di governo, Lega e Forza Italia, dall’inizio del conflitto hanno però talvolta criticato quella visione e modificato più volte il loro punto di vista in quanto, pure nella base dei due partiti, si sono registrati forti malumori e spinte contro la guerra e l’invio delle armi all’Ucraina.
E così, ora, l’ex ministro, ex sindaco di Roma ed ex esponente di FdI che si è dimesso dal partito anche perché in dissenso sull’invio di armi al regime di Kiev, insieme a tanti altri ha avviato la raccolta di firme per il referendum pure da destra.
“Riconosciamo che la Russia ha invaso l’ucraina – ha spiegato Alemanno – ma con l’invio delle armi all’Ucraina la guerra proseguirà ancora per molto tempo con altre gravissime perdite.
Noi, invece, siamo per un ‘cessate il fuoco’ immediato e una tregua che porti a una trattativa, con l’aiuto della diplomazia dei vari Paesi. Meglio una lunga trattativa che una lunga guerra.
Il Donbass? L’Onu riconosce l’autodeterminazione dei popoli. Pertanto occorre indire un referendum, serio e valido, sotto il controllo delle Nazioni Unite. Il popolo del Donbass ha il diritto di non essere massacrato e di avere la possibilità di scegliere se stare con la Russia o con l’Ucraina”.
Insieme all’ex ministro ed ex sindaco di Roma ci sono anche il presidente del comitato “Fermare la Guerra” Massimo Arlechino e il presidente dell’associazione “Magnitudo – Movimento Identitario” Nicola Colosimo, che hanno già firmato per i due quesiti referendari di “Generazione Futura” e “Ripudia la guerra”.
La campagna, trasversale, contro l’invio delle armi all’Ucraina condotta dal comitato di “Generazione Futura” presieduto dal giurista Ugo Mattei è sostenuta da diversi personaggi del mondo accademico e culturale italiano fra cui spiccano il drammaturgo Moni Ovadia, lo storico Franco Cardini, i filosofi Marco Guzzi e Geminello Preterossi, l’ex direttore Rai 2 Carlo Freccero, l’editore Claudio Messora, il vignettista Vauro Senesi, l’economista Guido Viale, i giuristi Alessandro Somma, Marina Calamo Specchia, Anna Maria Poggi, Pasquale de Sena e tanti altri.
Il comitato “Ripudia la Guerra” coordinato dal saggista Enzo Pennetta per quanto riguarda il referendum si concentrerà sui soli quesiti sulla guerra.
“Tutti i sondaggi – ha sottolineato Alemanno – dicono che la maggioranza degli italiani è contraria a continuare con i decreti legge che hanno previsto l’invio di armi all’Ucraina in una guerra che nel caso migliore sarà un conflitto interminabile nel cuore dell’Europa e nel caso peggiore può essere l’innesco di una catastrofe senza precedenti.
Ringrazio i comitati ‘Ripudia la guerra’ e ‘Generazione Futura’ che hanno preso questa iniziativa referendaria, che attraverso il nostro comitato ‘Fermare la guerra’ sarà sostenuta anche da destra.
Vogliamo dare voce a tutto un popolo di destra che non condivide la scelte del Governo in questo campo e che chiede a Giorgia Meloni di cambiare il più presto possibile questa scelta strategica che non sta portando nessun beneficio all’Italia, neppure in termini di solidarietà europea e atlantica”.