L’angoscia di nascere vivi e di rimanere senza vita
Per capire uno scrittore, un drammaturgo, bisogna conoscere il suo vissuto. Nell’opera di Pirandello le non felici vicende familiari e l’ambiente piccoloborghese, fortemente improntato all’apparenza, incidono non poco: ma il nostro riesce a trarne fisionomie marcate di veri eroi tragici, mostrandone quasi sempre l’inutilità del dolore, anche se è proprio questo che li rende personaggi, dei quali l’autore si mostra complice.
Quella in atto al Teatro della Corte è l’opera più conosciuta, anche all’estero, del teatro del Novecento, che ha contribuito non poco a rivoluzionare gli schemi risaputi del palcoscenico, a dispetto del disastroso esordio in Roma del 1921, quando l’autore fu costretto a fuggire dal teatro.
Nei sei personaggi appare confermato il motivo conduttore del pensiero dell’autore, che la vita sia una beffa, che l’uomo viva una realtà illusoria, portando la maschera di una verità che deriva dalle convenzioni e dalle liturgie sociali.
Lo scrittore ha immaginato un dramma pesante, che ruota, come spesso in Pirandello, intorno al motivo della famiglia, anzi di due famiglie, quella del Padre e del figlio e quella della Madre con i tre figli avuti dal nuovo marito morto. Un giorno il Padre si imbatte, in una casa di tolleranza mascherata da atelier, nella figliastra, costretta a vendersi per aiutare la madre che la stessa “madame” ha contribuito a ridurre in miseria.
Una storia talmente vergognosa da non poter essere scritta nè rappresentata, ma intanto i personaggi hanno preso forma, sono nati, si rifiutano di non vivere, pretendono la rappresentazione della loro realtà a tinte forti.
E dunque gli stessi irrompono su un palcoscenico cercando un capocomico che conceda loro l’azione artistica, ma si rifiutano di essere interpretati da altri: non porgono la loro arte, timorosi di essere snaturati dalle diverse fisionomie degli interpreti proposti.
In questo dramma vi è di più della realtà sinonimo di illusione, vi è la convinzione che, anche se fosse concesso agli uomini di penetrare la realtà, essi non saprebbero comunicarsela, scambiarsela.
E’ di scena il dramma dell’incomunicabilità, dell’impossibilità per l’essere umano di uscire da se stesso per manifestarsi ad un altro: l’uomo rimane saldo nell’illusione di vivere, ben celato dietro la propria maschera granitica.
Si racconta che un giorno, nel Senato della Repubblica, entrò un uomo che portava lo stesso nome di un senatore che, in una commedia di Pirandello, non faceva una bella figura. Pirandello, pregato amichevolmente di cambiare nome al personaggio, si rifiutò in quanto disse che la sua era una creatura d’arte, esisteva, mentre il malcapitato senatore nella vita contava zero, non esisteva.
Qui sta l’essenza di questo autore, può essere dubbia l’esistenza di un uomo qualunque ma non di Ofelia o Amleto: la vita è illusione, l’arte è realtà.
Nell’opera attualmente in scena, la felice regia di De Fusco ci propone un mix affascinante di elementi scenici catturati dal teatro e dal cinema in presa diretta.
Un gioco di fredda luce bianconera accompagna i sei protagonisti, li isola dal resto dei recitanti, quali convitati di pietra, rendendo più efficace l’impossibilità di interagire con la vivace compagnia teatrale di cui i sei personaggi interrompono le prove.
Sei personaggi in cerca d’autore, per la regia di Luca Fusco è al Teatro Stabile di Genova dal 21 novembre fino al 3 dicembre.
Interpreti: Eros Pagni Il Padre; Federica Granata La Madre; Gaia Aprea La Figliastra; Gianluca Musiu Il Figlio; Silvia Biancalana Il Giovinetto; Maria Chiara Cossia La Bambina; Angela Pagano Madama Pace; Paolo Serra Il Direttore – Capocomico; Maria Basile Scarpetta La Prima Attrice; Giacinto Palmarini Il Primo Attore; Federica Sandrini La Seconda Donna; Alessandra Pacifico Griffini L’Attrice Giovane; Paolo Cresta Il Direttore di Scena; Enzo Turrin Il Suggeritore; Ivano Schiavi Il Macchinista.
Gli allievi della Scuola del Teatro Stabile di Napoli: Alessandro Balletta L’Attor Giovane; Sara Guardascione Attrice; Dario Rea Attore.
Elisa Prato