L’emittente Al Jazeera ha nuove prove che dimostrerebbero che i soldati israeliani spararono direttamente verso l’inviata palestino-americana.
La verterana reporter di guerra Shireen Abu Akleh fu colpita da un colpo alla testa durante un raid israeliano a Jenin lo scorso 11 maggio, mentre indossava un giubbotto antiproiettile con scritto “press”. La tv: “Le prove presentate alla Corte del Tpi ribaltano le tesi delle autorità”
Israele puo’ essere inquadrato nel mirino della Corte Penale Internazionale dell’Aja con la traduzione dei giudicati colpevoli di crimini di guerra al referente carcere di Scheveningen.
L’emittente Al Jazeera, infatti, ha denunciato Israele alla Corte Penale Internazionale con sede nella Capitale Amministrativa d’Olanda per la morte della giornalista palestino-americana Shireen Abu Akleh, rimasta uccisa a maggio scorso a Jenin in Cisgiordania-West Bank in scontri con l’esercito Tsahal.
Il media arabo qatariota di caratura internazionale ha nuove prove che dimostrerebbero che i soldati israeliani spararono direttamente verso la giornalista. “La tesi che Shireen – ha detto il network – sia stata uccisa per sbaglio in uno scambio di colpi è completamente infondata“. Al Jazeera ha precisato che le prove si basano su nuove testimonianze di persone sul posto, sull’esame di video ed evidenze forensi.
La giornalista 51enne è stata uccisa l’11 maggio scorso durante un raid delle forze di difesa israeliane. Abu Akleh fu raggiunta da un colpo di arma da fuoco alla testa ed è deceduta sul colpo: indossava un classico giubbotto antiproiettile con scritto “press” (l’unica vera difesa insieme all’elmetto dei reporters di guerra, n.d.r.) che la indicava chiaramente come membro della stampa.
Un altro giornalista presente sulla scena, Ali Al-Samoudi, è rimasto ferito alla spalla. In un primo momento Israele ha affermato che la giornalista era rimasta vittima di uno scontro a fuoco incrociato tra i suoi militari e i militanti palestinesi.
A settembre è stato invece pubblicato un rapporto dell’esercito israeliano che concludeva che Abu Akleh era stata probabilmente colpita dalle sue forze, anche se per errore.
La famiglia della vittima incolpa però i militari israeliani di averla colpita deliberatamente. Anche l’Onu, da parte sua, dopo le indagini della Cnn e del New York Times, ha chiesto un’inchiesta ufficiale, definendo “profondamente inquietante che le autorità israeliane non abbiano condotto un’indagine penale“.
“Le prove presentate alla Corte – ha spiegato Al Jazeera su Twitter – ribaltano le tesi delle autorità israeliane che la giornalista sia stata uccisa in uno scambio a fuoco”. Inoltre, le stesse prove – ha continuato l’emittente che ha diffuso un documentario sulle circostanze della morte – “confermano, al di la di ogni dubbio, che non c’erano scambi di colpi d’arma da fuoco nella zona dove si trovava la giornalista se non quelli indirizzati direttamente a lei dalle Forze di occupazione israeliane”.
“Le evidenze mostrano – ha proseguito – che questa uccisione deliberata faceva parte di una campagna più vasta per colpire e silenziare Al Jazeera“. Israele – al termine di una lunga indagine, anche sul proiettile che centrò la giornalista – ammise che c’era “un’alta probabilità” che la giornalista fosse stata colpita “accidentalmente” dai tiri dei soldati, anche se non era “possibile determinare in modo inequivoco la fonte” dei colpi. Il Ministero degli Esteri israeliano per ora non ha commentato l’iniziativa di Al Jazeera.
Shireen Abu Akleh, l’Fbi apre un’indagine sulla reporter di Al Jazeera uccisa in Cisgiordania. Lo riferiscono cinque fonti al sito americano Axios. Il ministro della Difesa israeliano ha affermato che Israele non collaborerà
L’Fbi ha aperto un’indagine sulla morte della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, uccisa, dunque, lo scorso 11 maggio mentre documentava gli scontri tra esercito israeliano e miliziani palestinesi nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. A riferirlo sono cinque fonti informate al sito statunitense Axios secondo cui il dipartimento di giustizia americana avrebbe informato il Ministro della Giustizia israeliano dell’apertura del fascicolo da parte dell’agenzia governativa di polizia federale degli Stati Uniti.
Tempestiva la risposta di Israele che tramite il Ministro della Difesa Benny Gantz ha dichiarato che “non coopererà”, definendo – inoltre – l’indagine “un grave errore”. “L’Israel Defence Forces ha condotto un’indagine professionale e indipendente, che è stata presentata ai funzionari americani con i quali sono stati condivisi i dettagli», ha scritto Gantz su Twitter.
E poi ancora: «Ho chiarito ai rappresentanti americani che sosteniamo i soldati dell’IDF, che non collaboreremo con alcuna indagine esterna e non permetteremo interferenze negli affari interni di Israele”.
Il 5 settembre scorso l’esito dell’inchiesta portata avanti dall’IDF sull’uccisione della reporter aveva messo in luce la possibilità che Shireen Abu Akleh “sia stata colpita accidentalmente” da spari dell’esercito israeliano. Anche se, si leggeva nell’indagine dell’IDF stesso, non era “stato possibile determinare in modo certo la provenienza” dei colpi. Mentre a fine giugno l’inchiesta delle Nazioni Unite, insieme alle diverse analisi giornalistiche, inclusa quella del New York Times, erano arrivate alla conclusione che la reporter di Al Jazeera fosse stata uccisa dai colpi esplosi dalle forze di sicurezza israeliane. Le ricostruzioni giornalistiche avevano insistito sul fatto che nell’area in cui è morta Abu Akleh era presente un’unità israeliana che includeva alcuni militari di élite.
Omicidio della reporter di Al Jazeera, Israele ammette: “Alta possibilità che sia stata colpita dal nostro esercito”. La Israel Defence Forces ha pubblicato l’esito delle indagini sulla morte di Shireen Abu Akleh
C’è un’alta possibilità che la reporter di Al Jazeera Shireen Abu Akleh sia “stata colpita accidentalmente” da spari dell’esercito israeliano. Questo l’esito dell’indagine portata avanti dallo stesso esercito IDF sulla morte della reporter, avvenuta lo scorso maggio durante gli scontri armati con i miliziani palestinesi a Jenin, in Cisgiordania. Anche se, si legge nell’indagine dell’esercito, “non è possibile determinare in modo inequivoco la fonte” dei colpi.
Chi era Shireen Abu Akleh
Shireen Abu Akleh ha lavorato per anni come corrispondente di Al Jazeera sulle questioni israelo-palestininesi, fino a quando, appunto, lo scorso 11 maggio, è stata assassinata durante uno scontro tra le due milizie. La dinamica dell’accaduto è ancora confusa, con le due parti – Israele e Palestina – che per mesi si sono accusate reciprocamente, mentre la sede centrale di Al Jazeera in Qatar aveva parlato di omicidio “deliberato e a sangue freddo”.
A puntare subito il dito contro i cecchini israeliani era stato un altro giornalista, il produttore di Al Jazeera Ali Samoudi, presente sul luogo dell’omicidio insieme a Shireen Abu Akleh. Con l’esito delle indagini pubblicato ieri dall’esercito israeliano, dunque, si chiarisce forse una volta per tutte le responsabilità di quanto accaduto.
Il Premier israeliano ad interim Yair Lapid: “Nessuno interrogherà i soldati israeliani”
L’emittente Al Jazeera, dunque, afferma che le prove presentate ribalterebbero le affermazioni delle autorità israeliane secondo cui la giornalista sarebbe stata uccisa in uno scambio a fuoco. “La tesi che Shireen – scrive Al Jazeera – sia stata uccisa per sbaglio in uno scambio di colpi è completamente infondata“.
Le ulteriori verifiche effettuate dal network con sede in Qatar, basate su testimonianze di persone presenti quel giorno sul posto, nonché su immagini raccolte ed evidenze forensi, “ribaltano – si legge nel testo – le tesi delle autorità israeliane secondo cui la giornalista sia stata uccisa in uno scambio a fuoco”. Ma non solo. L’emittente, che ha diffuso anche un documentario sulle circostanze della morte, ribadisce come le prove raccolte “confermano che non c’erano scambi di colpi d’arma da fuoco nella zona dove si trovava la giornalista se non quelli indirizzati direttamente a lei dalle Forze di occupazione israeliane“.
Per questo motivo, continua l’emittente “l’uccisione faceva parte di una campagna più ampia per silenziare Al Jazeera” con di mezzo l’opera dello spietato e temibile Shimbet, i servizi militari di Gerusalemme Ovest. Tempestiva è arrivata la risposta di Israele sulla denuncia presentata alla Corte dell’Aja da parte dell’emittente.
Il Premier ad interim Yair Lapid ha affermato che “nessuno interrogherà o indagherà i soldati dell’esercito israeliano”, aggiungendo poi “nessuno ci può fare la morale sul comportamento in guerra, tanto meno la rete tv Al Jazeera”
Marcello Di Meglio