ROMA È passato poco più di un anno dal 25 luglio 2018, quando la Corte di Giustizia Europea (ECJ) ha stabilito che gli organismi ottenuti con le nuove tecniche di mutagenesi (New Breeding Techniques – NBT), come il CRISPR, devono rientrare nella già esistente direttiva sugli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) e devono quindi essere soggetti ad accurate procedure di valutazione del rischio.
I rappresentanti dell’industria e diversi Stati membri dell’Unione europea stanno attualmente esercitando pressioni sugli organi legislativi dell’UE affinché le NBT siano escluse dalla normativa vigente che li equipara agli OGM. Slow Food è certa che ciò minerebbe il principio di precauzione e che da ciò deriverebbe un’ulteriore limitazione della libera scelta dei consumatori oltre che della sovranità degli agricoltori.
Le NBT sono ottenute mediante mutagenesi diretta (che consente la modificazione diretta del DNA di piante o animali) ma, a differenza degli OGM, non includono geni estranei; restano comunque un prodotto dell’agroindustria, con conseguenti analoghi rischi e incertezze.
Slow Food coglie l’occasione del primo anniversario della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 25 luglio 2018 per chiedere all’Unione Europea di non cedere alle pressioni e di rispettare questa decisione. Slow Food ha già in passato attivamente sensibilizzato il pubblico sull’importanza di mantenere la classificazione legale degli organismi prodotti con queste nuove tecniche uguale a quella degli OGM, e continua ad invocare il principio di precauzione, protetto e sancito dal diritto comunitario europeo.
Francesco Sottile, del Comitato Esecutivo di Slow Food Italia, commenta: “Da alcuni anni le New Plant Breeding Techniques (NPBTs) ci vengono presentate come un modo per accelerare il miglioramento genetico con obiettivi mirati, con metodologie analoghe a quelle degli Ogm, ma in grado di non andare oltre a ciò che potrebbe in qualche modo avvenire in natura.
Ancora una volta, però, si trascura il fatto che l’agricoltura non è una materia da laboratorio, dove tutto avviene in un ambiente controllato. Non si tengono in considerazione i fattori esterni come la pressione ambientale, l’equilibrio degli ecosistemi e la crisi climatica, negando il valore del lavoro dell’agricoltore e della selezione in campo”.
Slow Food accoglie con apprensione le parole della Dottoressa Angelika Hilbeck dell’Istituto di Biologia Integrata del Politecnico Federale di Zurigo e membro del Consiglio di Amministrazione dell’ European Network of Scientists for Social and Ecological Responsibility (Rete Europea degli Scienziati per la Responsabilità Sociale ed Ecologica, ENSSER) che afferma: “La maggiore profondità d’intervento degli NBT come il CRISPR, insieme all’insufficiente conoscenza delle funzioni geniche e delle loro interazioni con l’ambiente, nonché la mancanza di tracciabilità, richiedono la massima precauzione possibile e chiamano una regolamentazione degli NBT più rigorosa di quanto non lo sia attualmente quella per le tecniche di ingegneria genetica “convenzionali”, i cosiddetti OGM”.
Marcello Di Meglio