La testimonianza dell’ospite d’onore, il dott. Marco Campolo
In questo pandemico periodo, pieno di limitazioni e di diffidenza reciproca, per smuovere le persone, interessarle alle giuste cause e richiamarle all’impegno anche sul mondo animale che ci circonda ci voleva una nuova idea.
Un gruppo di professionisti preparati e idealisti ha pensato a un format che coniugasse l’utile al dilettevole, permettesse cioè di trascorrere piacevolmente e in sicurezza del tempo insieme, ascoltando discorsi interessanti, e offrisse la possibilità di farlo davanti a un buon piatto di cibo e a un’ottima birra.
Così, l’Associazione genovese no profit SOS Animali Selvatici ed Esotici ha lanciato il suo primo brunch domenica 13 dicembre 2020, dalle ore 12.30 alle ore 14.30 circa presso il Tartan Pub di via Giovanni Tomaso Invrea 13 R a Genova.
Nel rispetto delle leggi anti-Covid vigenti, con prenotazione a numero chiuso, i partecipanti all’evento sono stati accolti negli spazi del locale, che da luogo deputato alla ricreatività prettamente notturna si è trasformato in un ritrovo irradiato dalla luce del sole.
Animali in difficoltà. Breakfast
Mentre le venti persone presenti sorseggiano il tè della parte breakfast del menù, che si accompagna alla cheesecake ai frutti di bosco, la dottoressa Maddalena Iannaccone, plurititolato medico veterinario che ha fondato e presiede l’Associazione SOS, tiene un discorso introduttivo di una quarantina di minuti, passeggiando tra i tavoli.
Non nasconde la sua emozione nel ritrovare gente motivata e impegnata sul fronte che le sta a cuore, lei che è specialista in Allevamento, Igiene e Patologia Specie Acquatiche, consulente per Animali Esotici, direttore sanitario del “Centro Veterinario Il Mondo degli Animali Esotici”.
Maddalena desidera sottolineare il lato “umano” delle iniziative che segue, esordendo proprio con un’immagine significativa: una fotografia del Portogallo, meta del suo ultimo viaggio con la famiglia, prima che il virus si diffondesse. Le colline e i vigneti nella Valle del fiume Douro – “la vigna più antica del mondo”, piantata dai Fenici, come si legge in un articolo pubblicato su La Repubblica – ci parlano di piccole aziende a conduzione familiare, con una storia che tengono a preservare.
Analogamente, oggi c’è particolarmente bisogno di “famiglia” e di sostenitori veri – aggiunge Maddalena, che vive a Genova dal 2003 e sente ormai sua questa città –, accennando allo stesso Tartan Pub di Genova, che esiste dagli anni ’90: anche questo è un ambiente familiare che bisognerebbe non perdere, una realtà economica locale da aiutare. Qui parlare di cultura, formazione e informazione si può fare sempre, anche durante un evento conviviale.
Apprendiamo che l’Associazione SOS Animali Selvatici ed Esotici si occupa fondamentalmente di tre grandi tematiche: 1. animali in difficoltà – le slide scorrono sullo schermo appeso alla parete di fondo del locale, a testimoniare quanto la gente, nonostante i divieti imposti dal virus, sia rimasta vigile e attenta alle problematiche degli animali e li abbia soccorsi anche fuori dagli orari consentiti e portati all’Associazione. Ci vengono raccontate le storie di un pipistrello; di un gheppio ritrovato da un anziano etologo durante una passeggiata nel bosco; di un piccolo ghiro trovato da una ragazzina, amareggiata dal periodo, ma felice per aver salvato un animaletto, seppure di nascosto dalla mamma; di un gufo reale africano positivamente collocato per un’adozione; di un camaleonte perso e ritrovato; di un boa rinvenuto presso un supermercato.
Gli altri ambiti di azione di SOS Animali sono: 2. informare – l’oggetto della conversazione tematica dell’incontro con l’ospite speciale della giornata; 3. relazioni tra persone e animali – vediamo nelle immagini, ad esempio, un bambino con il suo riccio selvatico, che collabora con il veterinario mentre questi presta all’animale le cure mediche.
Salviamo gli Orsi. Lunch
Prima che prenda la parola il dottor Marco Campolo, vicepresidente della Società Italiana Veterinari Animali Selvatici e da Zoo, veterinario del Corpo Forestale dello Stato e membro dell’Associazione “Salviamo gli Orsi della Luna”, ci viene servito il piatto della parte lunch.
La scelta prevista è tra un Menù Scottish o un Menù Veggie, caratterizzati entrambi da baked beans, pomodoro al forno, club house (veg o no) e scrambled eggs, bacon, salsiccia nel primo caso, oppure tortino di cous cous con verdure e crostino con carciofi nel secondo, il tutto accompagnato da una birra alla spina a scelta.
Alle 13.45 l’incontro prosegue in maniera più brillante che mai. Marco ci parla di “Una storia di Famiglie”, intrecciando ironicamente le vicende della sua vita con quelle degli animali di cui si occupa, soprattutto orsi. Sin da bambino, ha manifestato amore per gli animali, come testimoniano le foto di lui con il cavallo a dondolo e quelle in sella a un cavallo vero. Adesso lavora d’estate e d’inverno, fino a -18°C, anche con gente che capisce soltanto la propria lingua, come in certe zone della Russia, ma che condivide con lui le stesse finalità.
Precisa che non ama il termine animalismo, che riporta a un estremismo che non apprezza. Lui, di solito, lavora in sordina, senza farsi pubblicità in TV, nell’ambito di una realtà che aiuta a riportare nel proprio habitat le specie animali. Marco ha sempre fatto il veterinario di animali selvatici e da zoo, dopo aver lavorato all’Università di Bari nel settore della virologia.
La sua vita cambia quando, non essendosi mai occupato di attività di “rescue” (salvataggio), vede una foto di due orsi in gabbia, in una zona allagata, in Albania, dove gli animali non potevano più neppure coricarsi a dormire per non affogare. In particolare, l’orsa Aurora – di cui ci mostra l’immagine – viveva in una gabbia-trappola sui monti albanesi, con peli ed escrementi dell’animale sedimentati da ben tre anni.
Adesso il grande mammifero è stato ricollocato nella Foresta Nera, in un parco appartenente a un cittadino privato tedesco, che garantisce due ettari di spazio per ogni animale che ospita. Un’altra orsa apparteneva a un contrabbandiere di sigarette di Valona, ed è stata trasportata via su segnalazione locale. Una simpatica coppia di orsi gemelli, invece, è stata inserita nello zoo di Roma: prima i due animali vivevano pericolosamente nel centro di un paese albanese come fossero animali domestici.
In Albania gli orsi vengono catturati in primavera, sempre con la stessa prassi: uccidono la mamma e prendono i cuccioli, che portano sulle spiagge per farli fotografare a pagamento accanto alle persone. Quando diventano grossi, “con unghiette e denti non male” – racconta Marco –, li uccidono oppure li portano nelle “game farm”, dove i bracconieri gli sparano per gioco, oppure li mangiano, o anche li mettono in gabbia in autogrill, dove costituiscono un’attrazione nelle soste di chi viaggia.
Marco spiega che, in tre anni, nel corso di diversi interventi, hanno prelevato e sistemato 40 orsi, 20 felidi e altrettanti erbivori. In Bulgaria hanno preso due orsi, che sono stati ricollocati all’Aprica, in provincia di Sondrio; in Lituania altri due, uno dei quali fatto sparire nel frattempo. In un “museo di vetro” stavano animali senza documenti e senza microchip (linci, uccelli e altri), che saranno trasferiti in Belgio, in un centro di recupero.
Guardando il video girato con il supporto del G.A.T.O., l’associazione lituana che asseconda le azioni di chi salva gli animali, capiamo meglio gli step che seguono alla segnalazione di un animale in difficoltà: si passa dalla collaborazione con le autorità alle autorizzazioni, dalla produzione documentale, alla sicurezza, poi al sopralluogo, alla valutazione dello stato di salute, alle profilassi obbligatorie (contro la rabbia, ad esempio, per poter spostare l’animale), all’eventuale stallo dopo un sequestro lampo, fino all’intervento di traslocazione, trasporto, ricollocazione.
A volte, come testimonia Marco, bisogna addirittura segare le sbarre di gabbie divenute nel frattempo troppo piccole per l’animale che è cresciuto; oppure occorre trasportare in barella in mezzo ai rovi un orso di quasi 200 kg; a volte, a complicare le cose, gli animali si trovano tutti insieme, come nel caso di alcune linci che ci vengono mostrate in foto. Apprendiamo che Leonardo è il trasportatore italiano di animali più famoso: è specializzato e attrezzato con ogni specie di gabbia. L’immagine del collare spezzato dell’orso Vipas, simbolo della liberazione, chiude con grandi applausi la carrellata di slide e l’intervento.
Conclusioni. Le domande del pubblico
Nonostante siano le 14.30, l’attenzione è quanto mai viva: il relatore è riuscito naturalmente simpatico e coinvolgente, per cui piovono domande per un’altra mezz’ora.
Si discute della situazione degli orsi in Trentino e del giovane maschio M45 (come è purtroppo denominato numericamente), un orso “maleducato” che si proverà a riambientare in un altro contesto.
A me incuriosisce sapere, poi, se per chi commette reati contro gli animali siano previste multe. In teoria ci sono, ma lo Stato è lento, spesso nonostante le evidenze delle infrazioni. La Legge 150/92 (“Disciplina dei reati relativi all’applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione … nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica”) enuncia la lista degli animali pericolosi. In relazione a questa, sono previsti, ad esempio, reati di mancata custodia o di maltrattamenti. Marco e gli altri veterinari che si prestano ad azioni di salvataggio bypassano i “buchi di legge” attraverso pronte azioni di volontariato e raccolta fondi con il metodo charity.
La questione che più interessa dibattere, però, è la presenza del Covid negli animali. Marco spiega che il virus, per penetrare nelle nostre cellule, deve legarsi al recettore ACE 2, molto simile nei Primati, cioè uomini e scimmie. A oggi, però, non c’è alcun caso accertato di questo virus tra le scimmie, bensì tra gli animali selvatici.
Sono stati riscontrati casi negli zoo, come quello del Bronx, ad esempio, in tigri e leoni, con contaminazione da uomo ad animale e tra animali. A Hong Kong ci sono stati casi di cani, che però sembrano non replicare il virus, che espellono; il gatto trasmette il virus a un altro gatto e, quindi, anche all’uomo, ma rimane nella cerchia della casa in cui vive.
Poi c’è il caso dei visoni in Olanda e in Danimarca, il secondo paese al mondo nel settore: in entrambe le regioni europee, è stata ordinata l’uccisione di tutti gli esemplari dei mustelidi, perché trasmettono il virus all’uomo.
L’elenco continua: nello zoo di Knoxville, in Tennessee, si sono avuti altri casi positivi; a Barcellona anche sono risultati positivi dei grossi felini; negli Stati Uniti il leopardo delle nevi era positivo; il criceto di Roborovsky contrae la malattia e la trasmette, come i chirotteri (pipistrelli) e i furetti.
Nei suini il virus non replica e neppure nei volatili da cortile. Per concludere, Marco ricorda la teoria di Ilaria Capua, secondo la quale occorre evitare l’epizoozia, perché la diffusione di una malattia infettiva negli animali sarebbe incontrollabile.
Il Tartan Pub
Che cosa dicono di un evento del genere i gestori del pub che lo ospita? I fratelli Claudio e Massimo Pezzolo si dichiarano soddisfatti di qualsiasi nuova iniziativa possa animare il loro locale. Loro lavorano in sala o dietro al bancone, ma in cucina ci sono anche la mamma e la sorella. Si tratta di un’azienda familiare aperta dal 1991 come pub scozzese, sui cui muri, insieme ai quadri a specchio, si ripete il motivo del tipico tessuto del kilt. La scelta di campo è dovuta al fatto che hanno intrapreso tanti viaggi in Scozia e sono appassionati di quel paese. Di conseguenza, offrono ai loro clienti 12 diverse birre scozzesi alla spina, che possono magnificamente accompagnare la loro specialità: l’hamburger di angus o di carne normale.
L’ambiente del locale è molto tranquillo, fuori dal circuito della movida, frequentato da una clientela storica, proveniente da tutte le zone della città, prevalentemente non delle vicinanze (alla sera si può parcheggiare in piazza Tommaseo). L’età dei frequentatori del locale va dai 25 anni in su: “pivelli ce ne sono pochi”. D’estate funziona bene anche il giardino.
In tempi normali, il pub aprirebbe dalle 19.30 alle 2 / 2.30 di notte. Adesso, invece, anche l’orario completamente diverso – dovuto al Covid – provoca uno snaturamento nella vocazione del locale: l’apertura all’ora di pranzo è “un ripiego, un adattamento, insomma, un disastro”, dicono in coro i due fratelli, che si definiscono “poco social”. Resisterete, vero?, chiedo. “Resistiamo per forza!” Hanno perso il popolo della notte – la gente che esce dalle palestre, dal teatro, dal cinema, dalle scuole di danza, ecc. –, ma oggi si sono inventati persino i piatti del brunch. Linda Kaiser